Le mafie cambiano pelle e settori di investimento, con una vocazione a espandersi all’estero più marcata per quel che riguarda la ‘ndrangheta calabrese. “La perdurante vitalità della camorra è garantita non solo da un’asfissiante infiltrazione sociale, ma anche dalle connivenze con i cosiddetti colletti bianchi, ai quali è demandato anche il compito di occultare i tesori dei clan”. E’ quanto emerge dalla Relazione semestrale della Dia (leggi la nota integrale) che sottolinea come i sequestri e le confische eseguiti dalla Direzione investigativa antimafia siano aumentati nel 2018, rispetto al 2017, rispettivamente di oltre il 400% e di oltre il 1000%.
Le mafie cambiano pelle e settori di investimento, con una vocazione a espandersi all’estero più marcata per quel che riguarda la ‘ndrangheta calabrese. “La perdurante vitalità della camorra è garantita non solo da un’asfissiante infiltrazione sociale, ma anche dalle connivenze con i cosiddetti colletti bianchi, ai quali è demandato anche il compito di occultare i tesori dei clan”. E’ quanto emerge dalla Relazione semestrale della Dia che sottolinea come i sequestri e le confische eseguiti dalla Direzione investigativa antimafia siano aumentati nel 2018, rispetto al 2017, rispettivamente di oltre il 400% e di oltre il 1000%.
“La nuova mafia imprenditrice adotta modelli manageriali per la gestione delle risorse. È qui che entrano in gioco i professionisti che, sebbene ‘esterni’ all’organizzazione, prestano la loro opera proprio per schermare e moltiplicare gli interessi economico-finanziari dei gruppi criminali. Si tratta di ‘facilitatori’, in grado di gestire transazioni internazionali da località off-shore, offrendo riservatezza e una vasta gamma di servizi finanziari, inclusi quelli di elusione fiscale”. Oltre che a capitalizzare i proventi illeciti in attività imprenditoriali, le mafie puntano anche a realizzare gli indebiti risparmi d’imposta attraverso il ricorso a sofisticati meccanismi finanziari e i cavilli burocratici proposti da figure professionali colluse.
“Sono proprio queste nuove modalità – spiega la Dia – che, anche fuori dalle Regioni di origine e all’estero, consentono ai mafiosi di radicarsi, legando i propri interessi con quelli della realtà economica locale. Viene così a crearsi un sistema di gestione degli affari basato su articolate relazioni sociali che si estendono, con legami flessibili e aperti, verso il mondo istituzionale e imprenditoriale, garantendo così ai clan un ampio ed eterogeneo serbatoio di risorse umane. Un capitale relazionale composito, che costituisce quell’area grigia – fatta di mille tonalità – ove affari leciti e illeciti tendono a fondersi attraverso anche la corruzione dei pubblici funzionari”.
Non c’è settore immune agli interessi delle mafie, dal gaming, ai servizi cimiteriali passando per il turismo, oltre ovviamente alla droga, i rifiuti, gli appalti. Nel secondo semestre del 2018 sono state monitorate 544 imprese. Le attività di verifica compiute in relazione alle procedure di affidamento ed esecuzione degli appalti pubblici hanno riguardato in particolare, oltre ai lavori di demolizione e ricostruzione di Ponte Morandi a Genova, la ricostruzione post sisma 2016 e le ‘Grandi Opere’ nonché tutti gli appalti di opere pubbliche ritenuti particolarmente sensibili. L’interesse per i giochi e le scommesse in particolare on line, percorre trasversalmente tutte le manifestazioni criminali, alle quali garantisce, dopo la droga, forse il più elevato ritorno dell’investimento iniziale, con una minore esposizione al rischio.
A ciò si aggiunga come la “disseminazione” delle apparecchiature sul territorio concorra alla creazione di una rete di controllo, funzionale anche alle attività estorsive e all’usura, creando, così, un circuito perverso che dall’alta tecnologia porta comunque le mafie al controllo pervicace del territorio e quindi alle attività illegali più tradizionali” si legge nella Relazione da cui emerge “che siamo di fronte a modelli imprenditoriali variabili, calibrati sulla base delle realtà economiche locali e che tendono a colpire indistintamente tutti i settori economici che il Paese riesce a esprimere”.
I numeri – “La mappa, in termini percentuali, delle operazioni finanziarie sospette che nel 2018 sono state di ‘interesse istituzionale’ per la Dia (di diretta attinenza alla criminalità mafiosa e riferibili a ‘reati spia’) evidenzia che “su un totale di 103.576 operazioni, il 46,3 per cento (47.909 operazioni) sono state realizzate nelle regioni del Nord, il 33,8 per cento (35.034) al Sud e il 18,7 per cento (19.396) nelle regioni del Centro Italia”. Alla luce di questi dati, “è evidente come in questo caso siano le regioni del Nord a prevalere – scrive la Dia – le ragioni di questo sbilanciamento vanno rintracciate innanzitutto nel fatto che gli investimenti effettuati dalle mafie nelle aree più produttive del Paese sono realizzati, nella maggior parte dei casi, attraverso dei prestanome. Gli indicatori di anomalia che emergono dalle operazioni finanziarie sospette tracciano, infatti, il profilo di soggetti, spesso imprenditori in difficoltà finanziaria, che per acquisire maggiore competitività si mettono a servizio delle organizzazioni mafiose. “Non va infine trascurata la circostanza che – rileva ancora la Dia – in molte realtà del Sud Italia operano istituti di credito di piccole dimensioni, in alcuni casi addirittura mono-sportello, verso le quali i mafiosi potrebbero esercitare una pressione tale, da rendere difficoltosa per l’operatore della banca l’effettuazione di una segnalazione di operazione sospetta”.
Salerno – “L’infiltrazione negli appalti – per la realizzazione di opere pubbliche, per la fornitura di servizi (particolare delicatezza riveste quello di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani), per la manutenzione delle infrastrutture e dei beni del demanio – continua a rappresentare un settore di primario interesse delle organizzazioni criminali, che vede coinvolti anche imprenditori e funzionari pubblici infedeli”. “La corruzione di quest’ultimi rappresenta il grimaldello che consente alle organizzazioni camorristiche di infiltrarsi nella pubblica amministrazione e di condizionarne la gestione. Laddove i tentativi di corruzione dovessero essere vani, si assiste a una escalation criminale che passa dalle minacce alle intimidazioni vere e proprie, come accaduto nel comune di Agropoli, in cui si sono registrate una serie di azioni intimidatorie da parte del locale gruppo Marotta, per indurre il sindaco ad assegnare posti di lavoro e alloggi popolari agli affiliati”.
Caserta – “Ulteriori, illeciti rapporti – si puntualizza nel rapporto della Dia del secondo semestre – sono richiamati nell’ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Napoli il 6 novembre 2018, in cui si fa riferimento all’interposizione fittizia di una serie di imprenditori, risultata funzionale a garantire ai gruppi Zagaria e Schiavone e l’aggiudicazione di appalti, in diversi comuni del casertano, in alcuni casi con la complicità di funzionari pubblici addetti ai controlli”. Ma nella relazione non si fa riferimento solo alla corruzione di funzionari pubblici ma anche a quella elettorale come emerge nell’inchiesta del 26 novembre 2018 “a conclusione di un’operazione condotta dalla Polizia di Stato, è stato eseguito un provvedimento cautelare per il reato di corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso. Le indagini hanno accertato l’esistenza di un patto tra il sodalizio criminale Esposito (altra articolazione sul territorio di Maddaloni, nella zona cosiddetta delle Palazzine, del clan Belforte e alcuni candidati alle elezioni amministrative di giugno 2018”.
Puglia – In Puglia è più corretto parlare di mafie e non di mafia. Questa Regione, lunga e vasta, non ha mai avuto una “criminalità organizzata unita” ma una che “si è andata frastagliando a secondo della posizione geografica”. Quello che più allarma nella Relazione semestrale del 2018 della Direzione investigativa antimafia è che “il diffuso e sistematico rinvenimento di armi in tutta la Regione, parallelamente agli svariati e gravi fatti di sangue, fornisce ampia conferma del potenziale militare delle cosche pugliesi, che non si fanno scrupolo di sparare in pieno giorno nei centri cittadini e mietere vittime anche tra persone che nulla hanno a che fare con le dinamiche criminali locali”. Più nel dettaglio, secondo quanto evidenziato dalla Dia, “l’analisi degli assetti della provincia di Foggia conferma che le tre distinte organizzazioni della ‘società foggiana, mafia garganica e malavita cerignolana continuano a ricercare forme di sinergie al fine di superare le difficoltà contingenti”, rappresentati da equilibri (come a Vieste) non del tutto stabili e definiti e dagli interventi dello Stato. I gruppi criminali della provincia di Bari sono sempre più interessati “all’infiltrazione dell’imprenditoria legale, specie quella connessa al settore degli appalti pubblici, all’edilizia e al commercio”. Gioco d’azzardo e scommesse on line rappresentano, invece, “i settori economici emergenti”.
Lombardia – In totale nel 2018 sono stati 24 i soggetti segnalati in Lombardia per associazione di tipo mafioso “per reati sintomatici di criminalità organizzata”. 520 sono state le segnalazioni per omicidio doloso, 144 per danneggiamento seguito da incendio, 1.075 per estorsione e 46 per usura. Sempre nel corso del 2018 in Lombardia sono stati segnalati due soggetti per trasferimento fraudolento di valori, 74 per impiego di denaro o beni di provenienza illecita, 513 per riciclaggio e 88 per autoriciclaggio. 68 sono stati segnalati per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Piemonte – In Piemonte, in particolare capoluogo, “i gruppi criminali dell’est Europa si distinguono per la commissione di delitti contro il patrimonio, talvolta perpetrati anche con violente modalità”. La presenza di clandestini cinesi costituisce il serbatoio dal quale trarre risorse da avviare al “lavoro nero” ed alla prostituzione, tendenzialmente esercitata in centri benessere e sale massaggi ‘di copertura'”. “Per ciò che concerne le altre province della regione non si annoverano, nel semestre, episodi di particolare rilievo con riferimento al crimine organizzato”, conclude la relazione che in premessa aveva sottolineato che “la presenza delle consorterie criminali in Piemonte, specie per quelle di matrice ‘ndranghetista, è stata facilitata dal fenomeno migratorio degli anni ’50 che ha visto lo spostamento di numerosi nuclei familiari che dal sud si sono insediati nel nord Italia. Dalle prime cellule di ‘ndrangheta, si è arrivati, nel tempo, alla costituzione di veri e propri locali”.
Mafia nigeriana – La mafia nigeriana ha una rete “in costante contatto con la madrepatria, che è necessario monitorare” per “prevenire eventuali contaminazioni da parte di espressioni estremiste filo-islamiche presenti anche in Nigeria, dove Boko Haram continua a diffondersi”.