Immigrazione clandestina, 10 arresti a Roma: coinvolti dipendenti Anagrafe

di Redazione

Il Nucleo speciale polizia valutaria della Guardia di finanza, su richiesta della Procura di Roma, ha eseguito una misura cautelare nei confronti di 13 persone (quattro in carcere, sei agli arresti domiciliari e 3 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria), gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione per delinquere, corruzione, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e falso.

Le indagini hanno consentito di far emergere l’operatività su Roma (in particolare, presso la circoscrizione del V Municipio) di uno strutturato e collaudato sodalizio criminale, composto da soggetti di nazionalità bangladese, finalizzato a favorire – a scopo di profitto – la permanenza illegale sul territorio italiano per lo più di propri connazionali, violando i presupposti giuridici per il rilascio e/o il rinnovo dei permessi di soggiorno.

In estrema sintesi, il sistema illecito ricostruito dai finanzieri – anche attraverso attività di intercettazioni telefoniche ed ambientali, appostamenti ed osservazione – ha permesso di individuare specifici ruoli e responsabilità, tra cui: il contributo attivo di nove bangladesi (A.H., 39 anni, quale promotore del sodalizio, S.U., 39, S.H., classe ’87, K.B., 21, M.A.K.P., 53, M.F., 37, M.A.Y., 46, R.K., 31, e T.A., 31) costituenti una vera e propria “agenzia di fatto”, con il compito di “reclutare” la clientela interessata a concludere pratiche amministrative presso l’anagrafe comunale con un tariffario variabile tra gli 80 e gli 800 euro complessivi, “gestire” i successivi appuntamenti presso il Municipio, ritirare i relativi certificati di residenza e occuparsi delle “questioni” relative agli immobili utilizzati; uno di tali soggetti, titolare di un’attività di assistenza fiscale, era deputato all’accensione/cessazione di partite Iva, nonché al rilascio di dichiarazioni fiscali fittizie.

Accertata, inoltre, la compiacenza di tre dipendenti dell’Anagrafe capitolina (A.A., 53 anni, A.L., 64, S.T., 59) che – dietro compensi variabili generalmente tra i 50 e i 100 euro per ogni pratica evasa – emettevano certificati di residenza falsi o rilasciavano (anche in bianco, da utilizzare a seconda delle necessità) prenotazioni per appuntamenti in assenza di ragioni di urgenza. Peraltro, A.A. ha proseguito nell’attività corruttiva, anche se trasferita ad altro incarico, mantenendo contatti con gli organizzatori al di fuori del Municipio (con reiterati incontri in locali pubblici, quali bar) utilizzando spesso nelle conversazioni tra loro la messaggistica WhatsApp.

Accertato anche il coinvolgimento di due italiani (M.P., 91 anni, e M.S., di 47), proprietari di immobili (nelle zone di via di Tor de Schiavi e nel quartiere Casal Monastero), disponibili a redigere contratti d’affitto o di comodato d’uso con persone che poi effettivamente non vi dimorano, ovvero ad attestare simulatamente dichiarazioni di ospitalità. In un caso, l’appartamento di via Tor de’ Schiavi è stato locato a 17 cittadini extra-comunitari, con offerte di ospitalità dell’alloggio ad altri 32 cittadini stranieri. I proprietari degli immobili venivano spesso “istruiti” sulle dichiarazioni da rendere al vigile urbano in caso di controllo. I pagamenti illeciti all’organizzazione per le “pratiche” evase avvenivano per lo più in denaro contante oppure attraverso ricariche su carte postpay.

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