La “macelleria della droga”, 11 arresti nel Messinese

di Redazione

11 arresti e due obblighi di dimora, in provincia di Messina, eseguiti dai carabinieri per spaccio di sostanze stupefacenti in concorso, estorsione, furto, ricettazione, riciclaggio e danneggiamento di sistemi informatici. Il provvedimento scaturisce dagli esiti di un’indagine sviluppata dai militari della compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto e dalla stazione di Falcone, che ha consentito di individuare una rete di spacciatori attivi nel comune messinese di Falcone nella vendita, anche a minorenni, di marijuana, hashish e cocaina.

Base operativa del gruppo criminale era una macelleria e rivendita di generi alimentari dove gli acquirenti confluivano per approvvigionarsi delle dosi di droga. Nell’inchiesta sono coinvolti anche numerosi minori, fra acquirenti e pusher. In carcere il proprietario della macelleria, il 52enne Salvatore Isgrò, di Merì. In dieci, invece, sono stati assegnati ai domiciliari: Angela Scarpaci, 51 anni, di Falcone, compagna di Isgrò; Marco Schepis, 27, di Falcone, già detenuto per altre vicende; Mario Gitto, 45, di Falcone; Filippo La Macchia, 42, anni, di Falcone; Massimo Cuttone, 24, di Falcone; Tommaso Pantè, 49, di Gualtieri Sicaminò; Antonio Currò, 46 anni, di Spadafora; Vito Imbesi, 60, di Terme Vigliatore; Giovanni Cutè, 34, di Messina; Antonino Natale Cutè, 42, di Messina. Per altre due persone, entrambe di Barcellona, l’obbligo di dimora: il 66enne Giovanni Di Bartola e il 47enne Carmelo Recupero.

Tutto era partito da un sopralluogo all’ex mercato florovivaistico di Falcone, ora in disuso, di proprietà del Comune. I carabinieri avevano trovato tre piante di cannabis indica, la cui coltivazione era da ricondurre a Isgrò. Da qui era emerso che Isgrò, col supporto della compagna Angela Scarpaci, vendeva cocaina, hashish e marijuana nella sua macelleria, che operava anche da gastronomia e alimentari. Ma la vendita di cibo era un’attività secondaria. I clienti entravano più per concordare le cessioni di droga, i prezzi, le quantità e le qualità.

I carabinieri hanno quindi avviato la videosorveglianza del locale, documentando l’assidua e abituale frequentazione da parte di pregiudicati per spaccio e di noti assuntori. Entravano in negozio con circospezione e poi uscivano senza nulla in mano oppure con dei sacchetti che, dopo i controlli, risultavano contenere stupefacenti. I proprietari si erano evidentemente accorti di essere videosorvegliati, tanto che avevano danneggiato una telecamera e si erano dotati di sistemi in grado di captare la presenza di eventuali microspie. L’organizzazione era capillare. La rete riusciva a interloquire in modo stabile e consolidato con diversi fornitori della provincia messinese, valutando l’offerta più vantaggiosa e dimostrando grande capacità economica per pagare la droga, poi rivenduta anche a minorenni, diventando un punto di riferimento per gli assuntori.

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