Addio a Francesco Saverio Borrelli: coordinò pool Mani Pulite durante Tangentopoli

di Redazione

E’ morto a Milano Francesco Saverio Borrelli, ex capo del pool Mani Pulite ai tempi in cui era Procuratore della Repubblica ed ex procuratore generale di Milano. Protagonista di una capitolo della storia d’Italia, per 47 anni ha indossato la toga, Borrelli si è spento in ospedale a 89 anni. Borrelli era nato a Napoli il 12 aprile 1930 ed è morto all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano dove era ricoverato da un circa un paio di settimane.

La camera ardente si aprirà “lunedì 22 luglio alle 09:30 nel Tribunale di Milano, nell’atrio di fronte all’Aula Magna”. Lo ha spiegato il procuratore generale di Milano, Roberto Alfonso, sottolineando che si tratta di una decisione doverosa “per onorare l’uomo e il magistrato e ricordare tutto quello che ha fatto per al storia del nostro Paese”.

L’ex magistrato lascia la moglie Maria Laura, i figli Andrea e Federica e quattro nipoti. Figlio e nipote di magistrati e a sua volta con un figlio magistrato, Borrelli, trasferitosi a Firenze, ha studiato al conservatorio (la musica, insieme alla montagna, è stata una delle sue passioni) e si era laureato in legge con una tesi su “Sentimento e sentenza”. Relatore fu Piero Calamandrei. Vinto il concorso nel 1955, è entrato in magistratura come giudice civile a Milano, nel palazzo dove il padre era la più alta carica.

Passato dal civile al penale, ha presieduto sezioni di tribunale e di Corte d’Assise, giudicando anche le Br. Negli anni Sessanta è stato tra i fondatori della corrente di Magistratura Democratica. Il 17 marzo 1988 Borrelli è succeduto a Mauro Gresti alla guida della Procura della Repubblica, dove dal 1983 era procuratore aggiunto.

E’ diventato noto con Mani Pulite, la maxi-inchiesta che ha coordinato con il vice Gerardo D’Ambrosio, collega ed amico scomparso il 30 marzo 2014 e con il quale, peraltro, si è talvolta trovato in disaccordo sui temi di politica giudiziaria. Le sue dure prese di posizione a difesa delle toghe lo hanno reso icona dello scontro tra potere politico e magistratura: celebre soprattutto lo slogan “resistere, resistere, resistere come su un’irrinunciabile linea del Piave” lanciato dal palco dell’Aula Magna del Palazzo di Giustizia di Milano durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario nel 2002, poco prima di andare in pensione, per difendere l’indipendenza della magistratura messa a rischio dal pacchetto di riforme “punitive” dell’allora governo Berlusconi. Suscistarono fortissime polemiche anche le parole rivolte nel dicembre 1993 ai candidati delle successive elezioni politiche: “Se hanno scheletri nell’armadio, li tirino fuori prima che li troviamo noi”.

L’inchiesta Tangentopoli – La sua carriera ultra quarantennale è legata soprattutto alla città di Milano. E’ nel capoluogo lombardo che nel 1983 divenne procuratore aggiunto, per poi essere nominato procuratore capo nel 1988. Dopo l’arresto di Mario Chiesa che nel febbraio 1992 diede avvio al ciclo di inchieste note come “Mani Pulite”, creò il famoso “pool” di magistrati incaricati di indagare esclusivamente sullo scandalo che segnò la fine della Prima Repubblica: una squadra composta da Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Ilda Boccassini e Francesco Greco, ora procuratore capo a Milano. Nel 1999 chiese e ottenne la nomina a capo della Procura Generale, incarico che mantenne per il successivo quadriennio. La sua carriera non si concluse con la pensione scattata nel 2002. Quattro anni dopo, nel 2006, l’allora commissario straordinario della Figc, Guido Rossi, lo volle a capo dell’ufficio indagini della Federazione, incarico che Borelli lasciò nell’anno successivo. Amante della musica classica, nello stesso 2007 fu nominato presidente del Conservatorio di Milano.

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