Si è spento il 19 luglio, ma solo oggi ne è stata data notizia, in occasione dei funerali, l’attore olandese Rutger Hauer. Aveva 75 anni. La sua era stata una lunghissima carriera: oltre 170 film, tra questi “Blade Runner”, il film di Ridley Scott del 1982, con protagonista Harrison Ford, in cui Hauer interpretò il ruolo del “replicante” che lo consacrò al grande pubblico. Celebre il suo monologo nel film, passato alla storia: “Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire”.
Nato nella provincia di Utrecht il 23 gennaio del 1944, ma cresciuto a Amsterdam, Hauer era figlio d’arte, i genitori entrambi attori di teatro, con i quali crebbe insieme a tre sorelle. Sulle orme del nonno, capitano di lungo corso, a 15 anni lasciò la famiglia per imbarcarsi su una nave mercantile. Costretto a tornare sulla terraferma a causa del daltonismo da cui era affetto, svolse lavori saltuari di elettricista e carpentiere, mentre frequentava le scuole serali di recitazione. Nuovamente interruppe le scuole per intraprendere per un breve periodo la carriera militare in marina, ma in breve si trasferì in Svizzera, dove cominciò a lavorare come guida alpina e, in seguito, come macchinista in un teatro di Basilea.
Tornato ad Amsterdam, ottenne il diploma di arte drammatica nel 1967. Dal 1968 fu legato a Ineke Ten Kate, che sposò nel 1985. Da un precedente matrimonio aveva avuto una figlia, l’attrice Aysha Hauer (1966), che lo rese nonno nel 1987 di Leandro Maeder, modello. Durante gli anni ’60 si unì a un gruppo di recitazione sperimentale con il quale rimase per cinque anni, fino a quando nel 1969 ottenne un buon ruolo come cavaliere in “Floris”, una serie televisiva olandese ambientata nel medioevo, sulla scorta di “Ivanhoe”. La sua carriera ebbe una svolta quando il regista Paul Verhoeven gli offrì un ruolo da protagonista nei film “Fiore di carne” (“Turkish Delight”, basato su un libro di Jan Wolkers) nel 1973 e “Kitty Tippel… quelle notti passate sulla strada” (“Keetje Tippel”) nel 1974. La nuova star fu invitata al suo debutto in lingua inglese con “Il seme dell’odio” (“The Wilby Conspiracy”) nel 1975. Il film, ambientato in Sudafrica con Michael Caine e Sidney Poitier come protagonisti, fu un dramma sulla vicenda dell’apartheid. Il ruolo di Hauer fu di supporto, ma sufficientemente impegnativo da metterlo in evidenza agli occhi di Hollywood.
Successivamente partecipò a diverse produzioni in Europa, tra cui “Femme entre chien et loup” e “Soldato d’Orange” del 1979. Questi due film portarono Hauer al livello dell’attore olandese di fama internazionale Jeroen Krabbé. Hauer fece il suo debutto a Hollywood nel film “I falchi della notte” (“Nighthawks”) del 1981, al fianco di Sylvester Stallone. Chiamato da Ridley Scott a interpretare il replicante Roy Batty in “Blade Runner” (1982), film di culto, pronunciò il famoso monologo “Io ne ho viste cose che voi umani…”, destinato a rimanere impresso nell’immaginario collettivo. Passò poi al filone avventuroso, dapprima corteggiando Theresa Russell nel film di scarso successo “Eureka” (1983) e quindi nel film romantico/fantastico “Ladyhawke” (1985) con Michelle Pfeiffer, girato in Italia.
I suoi personaggi continuavano a impressionare il pubblico, specialmente in “The Hitcher – La lunga strada della paura” dove interpretava un killer misterioso deciso a uccidere un automobilista (interpretato da C. Thomas Howell) e chiunque si mettesse sulla sua strada. Fu candidato al ruolo di protagonista in “RoboCop”, del suo amico Paul Verhoeven, e fu proposto per “Intervista col vampiro”.
Il regista Ermanno Olmi nel film “La leggenda del santo bevitore” (1989) evidenziò l’aspetto più delicato, mistico e spirituale della personalità di Hauer che interpretava la parte di un vagabondo alcolizzato parigino che spira in una chiesa, mentre paga il suo debito con Dio. Nacque in quell’occasione un’amicizia con Olmi che durò fino alla scomparsa di quest’ultimo. Le qualità spirituali di Hauer furono impiegate anche se con minore successo da Phillip Noyce in “Furia cieca” (1989). Dopo questo periodo egli ritornò alla fantascienza con “Giochi di morte” (1990), dove interpreta il ruolo di un campione di lotta in un violento gioco praticato in un’epoca successiva a un’apocalisse mondiale. Con Joan Chen, presente in questo film, interpreta altri due film, “Sotto massima sorveglianza” (1991) e “2049 – L’ultima frontiera” (1996).
A partire dagli anni ’90 Hauer apparve in pubblicità televisive e partecipò a diversi film a basso budget. Tra questi “Detective Stone” (1992), in cui in una Londra inquinata e allagata a causa del riscaldamento globale, un investigatore dava la caccia a un serial killer. Sempre sulla scia dei b-movie ci fu “Omega Doom” (1996), in cui Hauer interpretava nuovamente un androide. In questo periodo comparve anche nel video musicale “On a Night Like This” di Kylie Minogue. Nel 1998 vestì i panni del tiranno Vortigern in “Merlino”, miniserie televisiva prodotta e diretta da Steve Barron.
Nei primi anni 2000 Rutger apparve in parti minori di film importanti, come “Confessioni di una mente pericolosa” nel 2003, “Sin City” e “Batman Begins” nel 2005. Ebbe un ruolo nel film “Il villaggio di cartone” dell’amico Ermanno Olmi e nel visionario film di Lech Majewski “I colori della passione” in cui interpretava il ruolo di Pieter Bruegel il Vecchio. Il 4 novembre 2016, al Trieste Science+Fiction Festival gli fu assegnato il premio Urania d’Argento alla carriera. L’anno seguente partecipò come doppiatore nella realizzazione del videogioco “Observer”.
Hauer svolse attività a favore dell’ambiente e nel sociale. Nel 1994 si batté per la liberazione del cofondatore di Greenpeace Paul Watson (successivamente fondatore di “Sea Shepherd Conservation Society”), arrestato con l’accusa di avere causato l’affondamento di una nave baleniera. Costituì una fondazione, la “Rutger Hauer Starfish Association” per la ricerca sull’Aids e l’aiuto dei malati nel mondo. Nel 2007 pubblicò un’autobiografia, “All Those Moments: Stories of Heroes, Villains, Replicants, and Blade Runners”, scritta con Patrick Quinlan.