Aveva utilizzato una corda fatta con le lenzuola per scavalcare il muro di cinta del carcere napoletano di Poggioreale mentre si stava recando a messa nella chiesetta dell’istituto penitenziario, con un centinaio di carcerati tenuti sotto controllo, come hanno riferito fonti di organizzazioni sindacali di categoria, solo da pochi agenti. Così, dopo cento anni, il polacco Robert Lisowki, 32 anni, aveva fatto registrare domenica scorsa la prima evasione dal penitenziario partenopeo.
Dopo una frenetica caccia all’uomo e due giorni di fuga, Lisowski è stato catturato ieri sera. Si nascondeva non distante dal corso Garibaldi, in via Camillo Porzio, nei pressi della vecchia pretura, in una zona non lontana dal carcere di Poggioreale, a meno di un chilometro di distanza dal penitenziario. Dunque, non si era allontanato dalla zona. L’hanno arrestato Squadra mobile e carabinieri, sorprendendolo in strada. Si trovava da solo. Era claudicante a causa di una brutta ferita che si è procurato scavalcando il muro di cinta della casa circondariale, ed è stato ricoverato all’ospedale Cardarelli. Il 32enne è considerato molto pericoloso. Fu arrestato dalla Squadra mobile di Napoli il 5 dicembre 2018 con l’accusa di avere assassinato un ucraino di 36 anni, suo amico, durante una lite scoppiata in un locale della città frequentato da cittadini dell’Est europeo. La lite proseguì in strada dove il polacco, in preda ai fumi dell’alcol, accoltellò a morte l’amico.
La vicenda innesca polemiche e apre il dibattito sulla necessità di rafforzare il ruolo della polizia penitenziaria e sul numero delle unità di controllo impegnate così come sulla funzionalità della struttura napoletana. «A Poggioreale, come in altri istituti penitenziari, vi è un sistema di controllo con la videosorveglianza per l’interno e per l’esterno; inoltre, vi è la ronda intorno alle mura del carcere: mi chiedo, ha funzionato tutto alla perfezione?» dice il garante campano dei detenuti, Samuele Ciambriello. «In ogni caso la questione – aggiunge – non è solo di numeri, vale a dire della necessità di aumento degli agenti di polizia penitenziaria – pur necessario e doveroso dopo anni di promesse – ma di rimotivazione di questi operatori, stanchi, demotivati e, per una larga parte, anziani, impegnati in un lavoro difficile e complicato».
«Vogliamo atti concreti – dice il presidente dell’Uspp Giuseppe Moretti – e la costituzione di un osservatorio parlamentare permanente che monitorizzi le criticità delle carceri al fine di adottare provvedimenti di carattere legislativo che riportino l’ordine, la sicurezza e la legalità nelle carceri italiane perché ogni giorno il rischio è che accada l’irreparabile». Per il segretario dell’Osapp di Napoli, Luigi Castaldo, la colpa è della mancanza di personale: «Poco più di 200 unità di fronte a una platea di detenuti che supera di 800 unità la capacità massima. Dati denunciati a un’amministrazione sorda ed una Politica assente». «L’istituto andrebbe definitivamente abbattuto ed il capo dell’Amministrazione Penitenziaria rimosso dall’incarico». Questo è il commento del segretario generale del Sindacato di polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo che stamani ha tenuto una conferenza stampa di denuncia dinanzi al carcere.
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