Una classica scena da film del genere “carcerario” che si è materializzata nella realtà, ad Aversa, dove un detenuto italiano, rientrante nella casa di reclusione da un permesso premio concesso dall’autorità giudiziaria per buona condotta, ha occultato un micro telefono cellulare nell’ano. Il dispositivo è stato scoperto dagli agenti della Polizia penitenziaria al momento della perquisizione, con l’ausilio del metal detector.
Il comportamento posto in essere dal detenuto, che doveva far rientro in carcere dopo il beneficio, comporterà solo una timida sanzione disciplinare per violazione delle regole penitenziarie, poiché il cellulare è solo un oggetto non consentito dal regolamento, tuttavia utilissimo per curare rapporti esterni e, potenzialmente, per gestire eventuali estorsioni o traffici di droga, ordinare omicidi, rapine o altri reati.
Un plauso ai poliziotti penitenziari, coadiuvati dagli ispettori e dal comandante di Reparto, sotto la guida della dirigente dottoressa Mauro, arriva dal segretario regionale del sindacato Osapp, Vincenzo Palmieri, il quale lancia una critica all’Amministrazione penitenziaria “che guarda al problema con la solita superficialità senza adottare contromisure e proposte legislative per comprimere il dilagante fenomeno affinché l’introduzione di telefonini divenga un reato penale”.