Casapesenna, “Zagaria pensò due volte di uccidere il sindaco Zara”

di Redazione

“L’esperienza amministrativa di Giovanni Zara, durata pochi mesi, con il suo essere realmente contro i clan, ha provocato profonde lacerazioni a Casapesenna, regno del boss Michele Zagaria, che per ben due volte ha pensato di ucciderlo”. Usa parole forti l’avvocato Domenico Cesaro nel corso dell’arringa tenuta al processo, in corso al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in cui assiste l’ex sindaco di Casapesenna (Caserta), Giovanni Zara, parte offesa, e in cui sono imputati per violenza privata con l’aggravante mafiosa un altro ex primo cittadino, Fortunato Zagaria, e lo stesso boss omonimo Michele Zagaria.

Cesaro ripercorre i dieci mesi – dall’aprile 2008 al febbraio 2009 – in cui Zara, allora appena 33enne, fu sindaco del paesino in cui il boss dei Casalesi ha trascorso indisturbato per 15 anni la sua latitanza, finita nel 2011 proprio in un’abitazione di Casapesenna; Zara fu mandato a casa da 13 consiglieri con la regia – secondo la Dda – di Fortunato Zagaria, vice dello stesso Zara, e su ordine del boss, che non vedeva di buon occhio la politica anticamorra fatta da Zara, “una reale condotta di contrasto ai clan”, concretizzatasi in manifestazioni anticamorra, interviste di condanna alle cosche rese ai giornali.

“Una politica che fece infuriare Zagaria – spiega Cesaro – che avrebbe voluto ucciderlo, tanto che c’era un progetto di attentato ad ottobre 2008 con mitra e pistole, ma si decide di farlo cadere politicamente; il secondo progetto era di aprile 2009, dopo la sfiducia, e riguardava anche la moglie di Zara, la giornalista Tina Cioffo, ma anche in questo caso il boss decise che era meglio soprassedere”. Cesaro si sofferma, poi, su quanto avvenne il primo ottobre 2008, quando Zara incontrò allo stadio comunale di Casapesenna Fortunato Zagaria e il consigliere comunale Luigi Amato, anch’egli imputato nel processo. Il giorno prima erano stati catturati tre esponenti dei Casalesi facenti parte dell’ala stragista guidata da Giuseppe Setola, e Zara fece una nota in cui plaudeva all’operazione e auspicava la cattura di Zagaria e dell’altro latitante di allora Antonio Iovine (oggi collaboratore di giustizia); il primo ottobre la nota uscì sui giornali, e il pomeriggio, alle 15, Zara fu convocato allo stadio da Fortunato Zagaria.

“Questi – ricorda il legale – lo minacciò, dicendogli: ‘sei un cornuto, un uomo di merda, questo te lo manda a dire Michele Zagaria’. E ancora: ‘Farai la fine di Antonio Cangiano’, un ex vicesindaco di Casapesenna gambizzato nel 1989 dalla camorra, poi rimasto sulla sedia a rotelle fino alla morte, perché non aveva voluto concedere un appalto alla ditta del clan”. Cesaro ricorda anche che “Zara, subito dopo le elezioni, andò in Dda mettendosi a disposizione dei pm, e che in uno degli incontri la funzionaria della polizia Silvana Giusti gli rinfacciò di non sapere che Fortunato Zagaria era vicino al boss. Ma Zara – aggiunge Cesaro – era molto giovane, ed anzi era stato proprio Fortunato Zagaria ad individuarlo come sindaco, non potendo presentarsi perché aveva già fatto due consiliature; pensava infatti di poterlo manovrare a suo piacimento e continuare a curare gli interessi del boss. Ma Zara cambiò marcia, tentò di smuovere le coscienze da un appiattimento generale, e fu fatto cadere”.

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