Sequestrati, all’alba di stamani, i cantieri dei lavori di ampliamento della clinica “Pineta Grande” di Castel Volturno (Caserta), che opera in regime di accreditamento istituzionale. Le ipotesi di reato riguardano violazioni urbanistiche riguardanti le autorizzazioni tutte, peraltro, comunicate prima dell’inizio dei lavori, alle autorità. Il sequestro riguarda solo i cantieri, mentre la struttura sanitaria di proprietà della famiglia Schiavone resta regolarmente in funzione. Ad eseguire il provvedimento, emesso dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere, è stato il nucleo investigativo dei carabinieri di Caserta, insieme agli uomini del reparto territoriale di Mondragone. Si tratta di opere di ampliamento, in corso di realizzazione, oggetto di autorizzazione amministrativa con delibere del Consiglio Comunale di Castel Volturno (numero 30/2014 e numero 12/2015) e con i permessi di costruire (numero 40/2017 e numero 83/2018) rilasciati dall’Ufficio tecnico comunale.
“Le indagini – si legge in una nota della Procura diretta da Maria Antonietta Troncone – sono state avviate nel febbraio/marzo del 2018, a seguito della richiesta di accesso da parte di altra struttura sanitaria (operante nella Provincia di Caserta) agli atti del procedimento amministrativo conclusosi con il rilascio da parte dell’Utc di Castel Volturno del permesso 40/2017, accolta dal Tar Campania, in cui si ponevano in evidenza alcune irregolarità in relazione al rilascio di tale autorizzazione edilizia/urbanistica. Le complesse risultanze probatorie, investigative, hanno fatto emergere come l’ampliamento, in corso di realizzazione, della casa di cura Pineta Grande, autorizzato con delibere del Consiglio Comunale e successivi permessi di costruire si ponga in palese violazione della normativa riguardante la realizzazione o ampliamento di strutture sanitarie di cui al decreto legislativo 229/1999 e della regolamentazione regionale di cui alla Delibera di Giunta Regionale Campania numero 7301/01 della normativa edilizia/urbanistica. E’ risultata violata la normativa in tema di realizzazione e/o ampliamento, inteso anche come aumento di posti letto/degenza o di funzioni/servizi sanitari, di struttura sanitarie o socio sanitarie”.
“II Consiglio comunale di Castel Volturno – spiega la Procura – autorizzava l’ampliamento volumetrico della struttura, e quindi il passaggio da 150 posti letto a 574 posti, sebbene mancasse la verifica di compatibilità con il fabbisogno sanitario regionale e con le esigenza di localizzazione territoriale e, nel 2015, sul presupposto che Pineta Grande fosse inquadrabile come Dea di I livello sulla base di una programmazione regionale del fabbisogno sanitario del tutto giuridicamente inesistente. La normativa prevede che la realizzazione o l’ampliamento di strutture sanitarie o socio sanitarie, ove richiedano interventi edilizi, possa avvenire solo in caso di esito positivo della verifica di compatibilità con il fabbisogno sanitario regionale e con le esigenze di localizzazione territoriale e che le due autorizzazioni edilizia e alla realizzazione ex art. 8 ter d.1gs 229/99 siano rilasciate contestualmente”.
“Le due delibere di ampliamento (2014 e 2015) adottate dal Consiglio Comunale si pongono altresì in contrasto con la normativa edilizia/urbanistica, in particolare con il disposto di cui all’art. 9 della Dpr 380/2001 e con le disposizioni regionali Campania legge numero 16/2004 e successive modifiche e disposizioni regolamentari, norme che vietano nei Comuni privi di strumentazione urbanistica, del perimetro urbano, nuove costruzioni o ampliamenti di costruzione già esistenti. Per superare tali problematiche e quelle inerenti l’accordo di programma 2003, con cui Pineta Grande veniva autorizzata ad un primo ampliamento, solo in parte attuato negli anni 2006-2008 e tra altro in difformità degli elaborati progettuali licenziati in sede di conferenza di servizi e accordo di programma, i vari attori della complessa vicenda ricorrevano in modo improprio alla legge sulla espropriazione per pubblica utilità e alla normativa sulle opere pubbliche, sebbene non avessero esigenza di vincolo preordinato all’esproprio e di espropriare aree/terreni di proprietà di soggetti diversi da quello attuatore o realizzatore dell’intervento”.
“Tale ricorso è servito a poter superare illegittimamente i limiti derivanti dal disposto degli articoli 7 e 9 del Dpr 380/2001, vale a dire i limiti salvaguardia (che servono ad evitare la consumazione del territorio in assenza di pianificazione generale), che si applicano ai comuni sprovvisti di strumento urbanistico che vietano in quei comuni nuove costruzioni o ampliamenti volumetrici. L’accordo di programma stipulato nel 2003 tra Regione, Provincia di Caserta, Comune di Castel Volturno, Villa Literno, con l’adesione di Consorzio Rinascita e Fontana Blu, prevedeva anche la realizzazione del centro di eccellenza sanitario per altre specialità, l’ospedale domiziano, il tutto subordinato alla verifica di compatibilità con il fabbisogno sanitario a livello regionale e alla preventiva sottoposizione alla Valutazione Ambientale Strategica. L’accordo di programma prevedeva la realizzazione di tale centro in un’altra zona di Castel Volturno, non soggetto a vincolo paesaggistico. Le deliberazioni del consiglio consentivano a Pineta Grande di realizzare l’ampliamento con un aumento da 150 a 574 posti, sebbene mancasse la verifica di compatibilità con il fabbisogno sanitario”.
In questa fase sono emerse quella che la Procura definisce “macroscopiche illegittimità”. In particolare, nell’epoca successiva all’adozione di tali deliberazioni ci sarebbero state assunzioni presso la Pineta Grande di parenti di consiglieri comunali e funzionari comunali che sono intervenuti nelle vicende dell’ampliamento direttamente o indirettamente. “E’ emerso – sostiene la Procura – come l’ex sindaco di Castel Volturno (Dimitri Russo, ndr.) avesse contatti diretti con Pineta Grande, mettendosi a disposizione e arrivando a fornire in maniera clandestina atti che riguardavano le iniziative che intraprendeva altra casa di cura per le autorizzazioni concesse a Pineta Grande nella vicende dall’ampliamento. Per assicurarsi un dignitoso e rispettoso futuro personale al termine dell’incarico politico di sindaco si è attivato per l’istituzione dell’ottava farmacia comunale (egli è presidente dell’IncoFarma, che gestisce farmacie comunali), prelazionandola, con l’intento di aprirla all’interno della struttura sanitaria di Pineta Grande”.
“In particolare – evidenzia il procuratore capo – l’ufficio tecnico di Castel Volturno, nella persona dell’allora responsabile, già tratto in arresto nel gennaio 2019 si sarebbe messo a completa disposizione delle esigenze imprenditoriali di Pineta Grande. L’estrema disponibilità del responsabile dell’Utc nei rapporti con Pineta Grande si inserisce in dinamiche di scambio. Il fratello è risultato coinvolto con incarico remunerato nella direzione tecnica riguardante l’ampliamento con la funzione di assicurare un immediato collegamento tra Pineta Grande e ufficio tecnico comunale e fornire in anticipo informazioni sui controlli che venivano disposti a livello comunale. Il genero del responsabile dell’ufficio tecnico, inoltre, ha cominciato a collaborare con Pineta Grande nella qualità di medico, a partire dal 2017, per poi essere assunto a tempo indeterminato il giorno prima che il responsabile adottasse il permesso con valore di autorizzazione alla realizzazione, servito a Pineta Grande per superare le problematiche evidenziate dalla casa di cura concorrente”.
“Sono sereno e fiducioso nell’opera della magistratura con la quale ho sempre collaborato in passato e continuerò a farlo nel presente. Forniremo tutti i chiarimenti necessari per dimostrare l’infondatezza dell’ipotesi accusatoria”, dichiara Vincenzo Schiavone, rappresentante legale Pineta Grande spa in merito all’inchiesta di oggi. “Resta il profondo rammarico – sottolinea Schiavone – per il blocco di un’opera di pubblica utilità, un presidio ospedaliero, quale il Pineta Grande Hospital, da sempre al servizio dei cittadini della Campania, di quelli provenienti da fuori regione e di migliaia di extracomunitari. Il sequestro danneggia finanziariamente noi, le maestranze, i 1200 dipendenti del gruppo di cui fa parte la struttura, ma rischia di penalizzare ancora di più un territorio privo di servizi, anche quelli essenziali”.