Lecce, Sacra Corona Unita: 22 arresti contro clan alleato ai Tornese

di Redazione

Blitz dei carabinieri del Ros contro la Sacra Corona Unita. I militari hanno eseguito, nella provincia di Lecce, un’ordinanza di custodia cautelare emessa, su richiesta della procura distrettuale antimafia, a carico di 22 appartenenti ad un gruppo criminale federato al clan “Tornese” di Monteroni, indagati a vario titolo per associazione mafiosa, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, danneggiamento, detenzione e porto abusivo d’armi, aggravati dal metodo mafioso.

I provvedimenti scaturiscono da un’attività investigativa del Ros e sviluppata sulle articolazioni del clan Scu “Tornese” di Monteroni di Lecce, che ha documentato l’operatività criminale del gruppo facente capo a Fernando Nocera (già condannato per 416 bis), attivo prevalentemente nei comuni di Carmiano, Veglie, Novoli, Leverano e Porto Cesareo. L’indagine ha permesso di documentare, per il periodo compreso tra novembre 2017 e luglio 2018, il ruolo di vertice rivestito da Nocera, facendo luce luce sull’inserimento nel sodalizio di nuove leve emergenti, quali i fratelli Davide e Matteo Conversano, giovani incensurati con ruoli di rilievo a stretto contatto con il capo.

Al riguardo, particolarmente significative sono state le conversazioni telefoniche e ambientali intercettate nei giorni successivi all’arresto di Nocera, avvenuto il 18 gennaio dello scorso anno in esecuzione ad un provvedimento di custodia cautelare in carcere con il quale, a seguito di una precedente attività investigativa della Guardia di finanza di Napoli, gli era stato contestato l’approvvigionamento di oltre 40 chilidi hashish da un gruppo operante a San Giuseppe Vesuviano (Napoli). In quel periodo, infatti, si è assistito ad un riassetto del gruppo in cui, pur mantenendo Nocera il ruolo di leader indiscusso, la direzione delle attività delittuose sul territorio è passata materialmente ai fratelli Conversano, con il sostegno criminale del leccese Gabriele Pellè. Quest’ultimo, pregiudicato già condannato per associazione mafiosa quale affiliato al clan Cerfeda di Lecce è stato espressamente indicato dal Nocera nelle missive spedite dal carcere presso il quale lo stesso era detenuto e veicolate ai suoi adepti per il tramite di Giuliana Cuna, quale figura di riferimento nei rapporti con altri gruppi criminali.

Le indagini hanno accertato, peraltr,o che lo stesso capo clan ha impartito le proprie direttive nel corso dei colloqui in carcere, affidando alla moglie Livia Comelli il compito di riportarle ai propri affiliati e di mantenere i contatti con “i monteronesi”. Il gruppo criminale destinatario del provvedimento cautelare ha manifestato dei connotati di estrema pericolosità, come dimostrano la disponibilità ed i riferimenti agli approvvigionamenti di armi (anche automatiche), munizioni e materiale esplodente, nonché la spiccata propensione alla realizzazione di attentati incendiari e dinamitardi per finalità estorsive e intimidatorie, finanche per meri dissidi personali.

L’attività ha consentito di far luce su diversi episodi incendiari e dinamitardi, alcuni dei quali realizzati materialmente da Marcello Fella su mandato di Davide Conversano al fine di agevolare l’associazione mafiosa di appartenenza e di rafforzarne i poteri di intimidazione e controllo del territorio. Si tratta in particolare dell’esplosione di un ordigno artigianale di medio potenziale avvenuta l’11 febbraio 2018 nei pressi dell’abitazione di un pregiudicato di Carmiano, e dell’incendio il 19 marzo 2018 di due autovetture, una Fiat Punto e una Lancia Y, di proprietà di un assicuratore del posto. Tra gli episodi contestati a Fella, l’attentato incendiario realizzato ad Arnesano il 5 maggio 2018 all’auto di proprietà del comandante dei vigili urbani di quel Comune.

Fonte primaria di realizzazione di guadagni illeciti da parte del gruppo è risultata l’attività di traffico e spaccio di stupefacenti, nell’ambito della quale il sodalizio retto da Fernando Nocera ha mantenuto rapporti con quello capeggiato da Saulle Politi operante su Monteroni di Lecce, già colpito da provvedimenti cautelari in occasione dell’operazione denominata “Labirinto” del Ros, eseguita nel mese di luglio dell’anno scorso. In particolare, punto di contatto tra il gruppo oggetto d’indagine e quella capeggiata da Politi, entrambe federate al clan Tornese, è risultato essere Gabriele Tarantino, arrestato nell’operazione Labrinto quale uomo di fiducia del Politi e recentemente condannato in primo grado, con rito abbreviato, alla pena di 10 anni di reclusione per associazione mafiosa e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, destinatario anche dell’ordinanza di custodia cautelare di oggi.

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