Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha incaricato l’Ispettorato di via Arenula di compiere accertamenti sul caso del permesso premio concesso a uno dei tre killer condannati per l’omicidio del vigilante Francesco Della Corte per il suo diciottesimo compleanno. L’Ispettorato compirà accertamenti preliminari “volti a valutare la correttezza della procedura ed eventuali condotte disciplinarmente rilevanti”.
La concessione del permesso e le foto della festa del 18enne finite sui social hanno provocato una dura reazione da parte della famiglia della vittima definendo tutto come una “vergogna” e chiedendo, in una lettera inviata ai giudici, un maggiore rigore. Gli aggressori coinvolti nella vicenda, secondo quanto sostiene Annamaria, la vedova di Della Corte, “non hanno mai mostrato un minimo pentimento per l’atroce delitto commesso ai danni di un padre di famiglia”. La decisione di concedere quel premio, Annamaria, l’ha appresa tre giorni fa. Da allora il dolore è diventato ancora più insopportabile, rendendo più acuto il dolore per la morte don Ciccio (così lo chiamava chi lo conosceva, ndr) appena 51enne, spirato in ospedale, dopo circa dieci giorni di agonia. “Io, che ho perso mio marito – dice affranta all’Ansa – devo piangere. Loro, invece, che me lo hanno ucciso, stanno ridendo”.
Il permesso premio è stato concesso al ragazzo per consentirgli di trascorrere a casa il suo diciottesimo compleanno: le foto della festa, in compagnia di fidanzatina e amici sorridenti, sono state anche pubblicate sui social innescando un vespaio di polemiche sull’opportunità di questa scelta. “Quelle foto – ha avuto modo di precisare Nicola Pomponio, il legale del giovane – non sono state postate dal mio assistito ma caricate da un parente a sua insaputa. Non c’era alcuna intenzione di offendere io dolore dei parenti della vittima, specie a pochi giorni dal processo d’appello”. A chi gli riporta la rabbia della famiglia del vigilante, il Capo della Polizia, Franco Gabrielli, a Napoli per l’inaugurazione della nuova sala operativa della Questura risponde: “come dargli torto”. Il problema, aggiunge, “è che questo Paese morirà di bulimia normativa. Si fanno leggi in continuazione che poi alla fine non producono gli effetti, c’è la necessità di una rivisitazione complessiva. Il tema è che gli interventi normativi spot a volte producono più danni del preesistente. C’è una parolina magica che però nel nostro paese ha sempre avuto poco successo ed è riforma”.
Il neo diciottenne e i suoi di complici, appena sette mesi fa, sono stati condannati in primo grado a 16 anni e mezzo di reclusione, grazie al rito abbreviato contro il quale la vedova si scaglia: “Non deve essere concesso per delitti così gravi”, sostiene. Inoltre, aggiunge, “hanno affrontato il processo senza versare una lacrima, senza mostrare – loro e i loro genitori – un minimo segno di ravvedimento”. Piene di rabbia anche le parole della figlia del vigilante che punta il dito nei confronti di chi ha dato il nullaosta: “mi permetto di ricordare che di recente ho compiuto 22 anni ma non ho spento candeline e non ho avuto torte e regali. E lo sa perché? Perché chi oggi festeggia ha ucciso mio padre, la persona più importante della mia vita”. Giuseppe Della Corte, figlio di Franco, denuncia: “è una vergogna, ma come è possibile che un killer, dopo solo un anno di galera, esca in permesso premio per festeggiare i suoi 18 anni?. Sono stati troppo morbidi con gli assassini di mio padre”.
Intanto, arriva l’attacco dell’Unione dei Sindacati della Polizia Penitenziaria (Uspp) all’indirizzo dell’autorità giudiziaria dopo la decisione di concedere il permesso premio. “Sempre più spesso – si legge in un tweet del sindacato – la polizia penitenziaria deve eseguire bizzarre scorte per eseguire fantasiose ordinanze dell’Autorità Giudiziaria, ma questo caso indigna e lascia sgomenti. Solidarietà alla famiglia del vigilante mentre il ministro Alfonso Bonafede verifichi correttezza”. Per il presidente dell’Uspp, Giuseppe Moretti, e il segretario campano, Ciro Auricchio, è ancora più’ grave che il nullaosta sia stato dato a chi “non si è ravveduto” e “non si è mai scusato con la famiglia”. E’ lecito far uscire condannati dal carcere, spiegano, ma “per favorire percorsi di rieducazione”, non per partecipare “ad eventi ludici, come spettacolo e feste private”.