28 persone sono state segnalate all’autorità giudiziaria per il reato di truffa aggravata per il conseguimento indebito di erogazioni pubbliche. 7 di loro tratte in arresto. Disposto il sequestro in via preventiva per equivalente di beni per 110 milioni di euro complessivi, in corso di esecuzione (già sottoposti alla misura circa 6 milioni di euro).
Sono i primi, eclatanti esiti dell’operazione “Energia Cartolare” condotta dalla Guardia di Finanza di Treviso, che da oltre un anno sta svolgendo indagini nei confronti di società operanti nel settore dell’energia, che hanno ottenuto i cc.dd. “Titoli di Efficienza Energetica” a seguito della presentazione di progetti di efficientamento energetico, in realtà non eseguiti. I Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Treviso hanno appurato che i fornitori di società detentrici di “certificati bianchi” erano evasori totali, oppure presentavano dichiarazioni annuali con valori irrisori, e comunque incongrui rispetto a quelli indicati dai clienti. Ha così preso il via un’attività mirata di approfondimento, che ha portato alla scoperta del sistema di frode e che ha indotto il gip del Tribunale di Treviso, su richiesta della locale Procura, a disporre l’esecuzione un’ordinanza applicativa della misura cautelare personale degli arresti domiciliari nei confronti di sette soggetti, responsabili della realizzazione del meccanismo fraudolento.
In particolare, le investigazioni hanno portato ad appurare che quindici E.S.Co. (Energy Saving Company), ubicate in diverse regioni, hanno attestato falsamente al Gestore dei Servizi Energetici (un organo del Ministero dell’Economia e delle Finanze) di aver eseguito oltre 3.900 interventi di efficientamento energetico, consistenti principalmente nella sostituzione di vetri semplici con doppi vetri, isolamento di pareti e coperture per il riscaldamento o raffrescamento di involucri edilizi. In tal modo maturavano il diritto al rilascio di Titoli di Efficienza Energetica (i “certificati bianchi”), rappresentativi, in sostanza, di un contributo pubblico strutturato volto ad incentivare la riduzione dei consumi di energia. La negoziazione di questi titoli sul mercato regolato dall’apposito Gestore (Gme) ha garantito ai soggetti indagati il conseguimento di un indebito profitto pari a circa 110 milioni di euro. Si tratta solo di una parte dell’importo, stimato in oltre 500 milioni di euro, che gli indagati avrebbero potuto monetizzare negli anni successivi.
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