Aversa – La firma della Carta di Procida da parte dei sindaci di Aversa, Alfonso Golia, e di Casal di Principe, Renato Natale, finalizzata a partecipare all’iniziativa avviata dai frati francescani tesa a tutelare i beni ambientali, potrebbe essere il segnale per un’azione di recupero di un bene ambientale importantissimo della città di Aversa.
Ci riferiamo al complesso conventuale di Sant’Antonio al Seggio, fondato nel 1231, chiuso dal 12 novembre 2017 per danni strutturali che facevano temere un possibile crollo. Ipotesi avvalorata da una perizia tecnica fatta fare dai frati francescani che occupavano la struttura che, a seguito della relazione redatta da specialisti, decisero di dichiarare inagibile a tempo indeterminato il complesso che è indubbiamente un bene ambientale della città dal momento che per beni ambientali non si intendono semplicemente l’aria, il verde, l’acqua.
Il complesso conventuale, che appartiene al Ministero dell’Interno ed è sotto la tutela della Soprintendenza ai beni artistici e ambientali, dopo essere stato controllato dai Vigili del fuoco non ha avuto alcun tipo di intervento che possa garantirne non tanto la riapertura ma la sicurezza della zona circostante, dal momento che, al di sotto dell’area conventuale, è presente un’ampia vasca piena d’acqua che all’epoca i frati definirono una vera e propria “piscina”. Inutile è stato trasmettere quella relazione al Ministero e alla Soprintendenza e inutili sono stati i servizi giornalistici che hanno messo in evidenza le condizioni della struttura (guarda il video). Inutili sono state le petizioni fatte dai cittadini finalizzate sia al recupero della struttura, con la messa in sicurezza, sia alla riapertura della chiesa così che i frati che la gestivano sono andati via dopo una presenza di 800 e passa anni nella città di Aversa.
Considerando che la chiesa del complesso conventuale è la prima al mondo dedicato a Sant’Antonio da Padova, morto proprio nel 1231, per una città che aspira ad entrare nei circuiti turistici nazionali definendosi città d’arte è una vergogna che nessuno sia intervenuto concretamente per risolvere il problema. La sottoscrizione della Carta di Procida riaccende la speranza che la nuova amministrazione possa muoversi per sollecitarne il recupero. Se così non fosse sembra davvero un controsenso parlare di città d’arte in una città dove quello che c’è di artistico-architettonico- pittorico valido ed addirittura unico venga lasciato degradare.