“Gomorra al contrario”, rifiuti speciali dalla Campania in Lombardia: 11 arresti

di Redazione

Lo smaltimento illegale di rifiuti solidi urbani e non provenienti dal Napoletano in capannoni dismessi del Nord e una cava in Calabria ha creato i discariche abusive per oltre 14mila tonnellate di rifiuti di ogni natura, e, per i pm della Direzione distrettuale antimafia di Milano, ha prodotto un volume complessivo di illeciti profitti stimato in oltre 1,7 milioni di euro nel solo 2018. Grazie all’opera di raccordo fatta dalla procura milanese, singoli e diversi fascicoli penali relativi a episodi di abbandoni o discariche di rifiuti in tutto il Nord Italia sono stati analizzati in maniera unitaria ed è stata ipotizzata. Nel solo hinterland milanese, sono stati colmati di rifiuti gestiti dalla banda scoperta dall’inchiesta che ha portato a 11 misure cautelari i capannoni sequestrati a Gessate, Cinisello Balsamo e nell’area ex Snia di Varedo.

Tra i destinatari delle ordinanze cautelari spicca il nome di Angelo Romanello, 35enne nato a Siderno già finito in grandi indagini di ‘ndrangheta come “Crimine-Infinito” e “Grillo parlante”. Nell’ordinanza è definito “promotore, organizzatore e finanziatore dell’associazione a delinquere”. Già mentre si trovava agli arresti domiciliari Romenello si occupava concretamente della gestione della Smr Ecologia srl, una società di smaltimento rifiuti con sede a Busto Arsizio (Varese) che sulla carta aveva come amministratore unico Massimo P. ma che in realtà era riconducibile al 35enne, il quale ha “rapporti con i clienti e con le banche, individua i siti di stoccaggio dei rifiuti e i trasportatori”. Si legge nel provvedimento: il signor “P., seppur titolare di partita Iva come procacciatore d’affari, risulta percepente di redditi nel periodo d’imposta 2015-2017 per un ammontare lordo di 60mila euro circa, ma per lo stesso periodo non ha presentato dichiarazioni fiscali”.

E proprio la Smr era considerata lo snodo del traffico, ma sono stati individuati e sequestrati già nei mesi scorsi gli impianti Salcon Sas di Como, Tecnometal di Trento e Eco.Lo.Da. di Lamezia Terme quali siti illeciti di destino di rifiuti. Il sito della Eco.Lo.Da., sequestrato nel giugno del 2018, era un semplice capannone privo di qualsivoglia dispositivo per il trattamento di rifiuti. Il destino ‘calabrese’ dei rifiuti, che ha interessato l’area del Lametino notoriamente caratterizzata da forte radicamento di cosche di ‘ndrangheta, ha riguardato anche una cava dismessa, in passato già oggetto di una sequestro perché’ utilizzata per nascondere in fusti di armi e droga. Nel corso delle indagini, il sequestro di numerosi siti di stoccaggio illeciti nel Nord Italia ha allarmato il sodalizio criminoso che, grazie a contatti con le cosche del territorio lametino, ha individuato altri sversatoi abusivi per proseguire la frenetica attività; offrendo infatti agli impianti in difficoltà costi di smaltimento inferiori a quelli elevatissimi delle discariche o degli inceneritori, la domanda di mercato gestita dall’associazione criminale era, dicono i pm, praticamente inesauribile.

I profitti illeciti poi, transitati presso i conti delle società coinvolte e apparentemente riconducibili a prestazioni nel settore dei rifiuti, venivano drenati attraverso significativi prelevamenti in contante e ricariche su carte postepay utilizzate ad hoc, evitando cosi la tracciabilità dei flussi di denaro. A carico della banda anche un tentativo di sequestro di persona, accertato nel corso delle indagini, ai danni di un imprenditore campano per ottenere il pagamento immediato di trasporti illeciti di rifiuti effettuati per suo conto. Uno degli indagati è un pluripregiudicato calabrese già coinvolto nelle operazioni contro la ‘ndrangheta denominate ‘Tenacia’ e ‘Infinito Crimine’; evidenziato un caso di infiltrazione criminale nella Smr Ecologia di Como da parte dei calabresi i quali intercettati la definivano il loro feudo.

Partendo da una forma di illecita collaborazione con l’impianto di trattamento rifiuti di Como per agevolare l’abnorme flusso di rifiuti gestiti, gli indagati calabresi hanno avuto presto atteggiamenti sempre più invasivi nella società, arrivando a utilizzare gli uffici della ditta, i mezzi, il carburante e le autorizzazioni. Il titolare, imprenditore lombardo fiaccato anche da problemi economici e giudiziari, l’ha poi ceduta al gruppo criminale attraverso l’intestazione a un prestanome. “Gente che viene a casa tua e anche se non ti trova, si mette lì e dice: ora io Devo mangiare la pastasciutta con te”, raccontava l’uomo, intercettato dagli inquirenti, per descrivere a un suo conoscente quello che gli stava capitando. Emblematico della vicinanza agli ambienti di ‘ndrangheta anche la conversazione tra due pregiudicati calabresi relativa a una controversia legata a somme di denaro; i due ne rimandano la definizione a quando “saranno a tavola con i cristiani di Platì e San Luca e si vedrà chi ha ragione e chi ha torto”.

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