Bologna, traffico internazionale di droga: 18 arresti

di Redazione

Traffico internazionale di droga: è questa l’accusa in base alla quale stamattina sono state eseguite 18 misure cautelari e 40 perquisizioni tra Bologna, Rimini, Ferrara, Ravenna, Modena, Vercelli, Terni, Matera, Barcellona (Spagna) e Valona (Albania). Sequestrati oltre 130 chili di stupefacenti e due pistole.

I militari che hanno sgomitato la banda italo-albanese si sono mossi con l’assistenza degli elicotteri e delle unità cinofile. Un blitz in grande stile finalizzato a stroncare l’afflusso di marijuana e hashish sull’asse Spagna-Italia: destinazione finale Bologna. Nel Bolognese sono stati messi a segno arresti in un appartamento di via Zanardi e a Castel Maggiore. In via Erbosa le operazioni, che hanno visto protagonisti il Nucleo Operativo di Borgo Panigale, le unità cinofile e l’elicottero dell’Arma, sono cominciate intorno alle 4.30 per concludersi senza intoppi alle 6. Alle 18 persone arrestate sono stati contestati anche i reati di estorsione, lesioni personali, furto detenzione e porto abusivo di armi.

L’indagine, condotta dai militari della compagnia carabinieri di Borgo Panigale a partire dal novembre 2017, è coordinata dal procuratore capo di Bologna, Giuseppe Amato e dai sostituti, Flavio Lazzarini e Marco Forte. Il giudice delle indagini preliminari, Sandro Pecorella, ne ha condiviso gli esiti e ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. L’associazione era un gruppo armato e pericoloso. Sono stati accertati numerosi episodi in cui i sodali si sono resi responsabili di pestaggi ed estorsioni perpetrati nei confronti di spacciatori al dettaglio e consumatori che non riuscivano a onorare i debiti contratti per l’acquisto della sostanza stupefacente.

In una circostanza, uno dei pusher, che non era riuscito a pagare la droga acquistata poiché arrestato dai carabinieri, è stato sequestrato per alcune ore e violentemente pestato con una mazza da baseball in un parcheggio di Castel Maggiore. Nonostante la frattura del braccio destro e una lesione orbitale e al timpano, non ha collaborato con gli investigatori, negando i fatti per paura di ulteriori ritorsioni. In un secondo episodio uno dei debitori è stato prelevato dalla cellula albanese e portato al cospetto del nucleo centrale del sodalizio in una base logistica nel quartiere San Ruffillo, dove è stato picchiato perché non aveva ancora pagato circa 50 chili di marijuana. La violenza del sodalizio è dimostrata anche dalla disponibilità di armi da fuoco. In diverse occasioni sono state usate le pistole per intimorire gli spacciatori insolventi.

I capi dell’associazione, alternandosi periodicamente per destare minor sospetto, con frequenza mensile andavano in Spagna e Francia per comprare lo stupefacente e contrattare personalmente il prezzo. Dopo l’acquisto, altri associati trasportavano la merce dividendosi su almeno tre auto, che procedevano a circa 5 minuti l’una dall’altra, al fine di allertare quella con la droga, di solito quella centrale, della presenza di forze dell’ordine. Le attività illecite fruttavano il 200%-300% circa del capitale investito. Infatti per un chilo di marijuana pagavano in Spagna e Francia dai 6mila ai 10mila euro, per poi rivenderla al dettaglio in Italia a circa 15-25 euro al grammo (per complessivi 15mila – 25mila euro al chilo). Per un panetto di hashish da 250 grammi pagavano dai 1.500 ai 2mila euro (circa 6mila – 8mila euro al chilo), rivendendo al dettaglio a circa 15-20 euro al grammo (per complessivi 15mila – 20mila euro al chilo). Il prezzo della cocaina all’estero era di 40mila – 50mila euro al chilo, mentre a Bologna, dopo il taglio, la polvere bianca veniva rivenduta a circa 80-100 euro al grammo (per complessivi 80mila -100mila euro al chilo).

La droga acquistata all’estero veniva depositata a Bologna in garage in affitto (con regolarissimi contratti per non destare sospetti) sempre situati nelle immediate vicinanze delle residenze dei principali esponenti dell’associazione, che in questo modo tenevano sotto controllo la droga, o nelle adiacenze del campo nomadi di via Erbosa. La droga acquistata finiva poi nelle piazze di spaccio bolognesi, in piazza Verdi, alla Montagnola, in zona Pilastro, Corticella e Borgo Panigale. È stato accertato che i malfattori avevano realizzato una base di spaccio al dettaglio anche in un ristorante di Castel Maggiore, dove avevano ricavato, in alcune aree della cucina e della dispensa, in particolare nel reparto dolci, degli spazi per nascondere la droga, cioé nello sgabuzzino del bagno del personale di servizio.

In particolare, per sfruttare la copertura data dall’attività commerciale, utilizzavano nomi in codice sempre riferiti al ristorante, come ad esempio farina e pane per indicare la cocaina, cioccolato e pesce per indicare hashish e marijuana, dolci o pizze per quantitativi più rilevanti. Il ristorante era poi un importante punto di ritrovo: lì avvenivano gli incontri più importanti e significativi. In caso di controllo delle forze dell’ordine, facilmente avrebbero potuto giustificare la loro contemporanea presenza al ristorante come occasionale. Lo spaccio al dettaglio nelle piazze bolognesi avveniva prevalentemente con appuntamento telefonico, mediante consegna in luoghi spesso affollati per destare minor sospetto, come piazza Verdi. Poi, durante le numerose trasferte in Francia, molti dei consociati frequentavano i casinò allo scopo di ripulire il denaro ricavato dallo spaccio.

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