E’ stato condannato all’ergastolo Augusto La Torre, ex boss dell’omonimo clan attivo a Mondragone (Caserta) e Basso Lazio, per la strage di Pescopagano avvenuta il 24 aprile del 1990 in cui morirono cinque persone e altre otto rimasero ferite. L’ex capoclan, per il quale il sostituto della Dda Lalia Morra aveva chiesto 18 anni di carcere, è stato riconosciuto come mandante ed esecutore della strage. Il gup di Napoli Vincenzo Caputo ha condannato inoltre a 20 anni di carcere il cugino dell’ex boss, Tiberio Francesco La Torre. Per lui il pm aveva chiesto l’ergastolo, ma gli è stato riconosciuto il concorso nell’esecuzione della strage.
Vittime della strage, avvenuta a colpi di mitra e pistole, furono tre persone originarie della Tanzania e due uomini, un iraniano e un italiano, Alfonso Romano, uccisi per errore perché si trovavano nel bar dove avvenne la sparatoria; anche il figlio 14enne del gestore fu colpito, rimanendo paralizzato. La strage era stata voluta dal boss Augusto La Torre e aveva l’obiettivo di ripulire la zona dagli spacciatori di droga africani, che iniziavano a emergere nel panorama criminale casertano.
La Torre, detenuto dal 1996, è noto come il boss psicologo per aver conseguito la laurea in psicologia in carcere. E’ assistito da un legale, Rosanna Mazzeo, che difende i collaboratori di giustizia; in passato le sue dichiarazioni hanno contribuito a smantellare parte del clan, ma poi è stato dichiarato parzialmente inattendibile per quanto riguarda il proprio patrimonio, mai ritrovato. In questo processo, La Torre ha prima confessato per poi ritrattare.