Consip, 5 rinviati a giudizio: ci sono l’ex ministro Lotti e il generale Del Sette

di Redazione

Rinviate a giudizio, dal gup di Roma, Clementina Forleo, cinque persone nell’ambito dell’indagine sul caso Consip, la cui prima udienza è stata fissata al 15 gennaio prossimo. A processo andranno l’ex ministro Luca Lotti, per favoreggiamento, l’ex comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette, per rivelazione del segreto di ufficio, il generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia, già comandante regionale dei carabinieri in Toscana, l’imprenditore Carlo Russo e Filippo Vannoni, presidente della società Publiacqua.

Prosciolti, invece, dalle accuse l’ex maggiore del Noe Giampaolo Scafarto, attuale assessore alla legalità a Castellammare di Stabia, e il colonnello Alessandro Sessa. Quest’ultimo era accusato di depistaggio per aver cancellato alcune conversazioni whatsapp, mentre Scafarto di rivelazione di segreto d’ufficio per la presunta “soffiata” a un quotidiano sull’esistenza dell’indagine a carico di Lotti e Del Sette, nonché di depistaggio e falso.

Il generale Del Sette è accusato di aver avvertito l’ex ad di Consip, Luigi Marroni, dell’esistenza di un’indagine sui vertici della società. Anche Vannoni, ex presidente di Publiacqua, società partecipata del Comune di Firenze, avrebbe rivelato l’esistenza dell’indagine a Marroni, mentre Carlo Russo, amico di Tiziano Renzi, si sarebbe fatto promettere dall’imprenditore Alfredo Romeo soldi in cambio della “mediazione” nell’aggiudicazione degli appalti, spendendo anche il nome del padre dell’ex premier. In questo fascicolo era indagato (per traffico di influenze) anche Tiziano Renzi, padre dell’ex premier Matteo Renzi. I pm ne hanno chiesto l’archiviazione: il giudice deciderà il 14 ottobre.

“Dimostrerò in quelle sedi la mia innocenza”, ha fatto sapere Lotti attraverso un post su Facebook. “La mattina del 23 dicembre 2016 – racconta l’ex ministro del governo Renzi – ho letto la prima pagina del Fatto Quotidiano: il titolo d’apertura era ‘Indagato Lotti’. È così che ho scoperto di essere indagato, leggendo un giornale. Non ho mai ricevuto l’avviso di garanzia, perché chiesi immediatamente di essere ascoltato dagli inquirenti. Da quella mattina sono passati oltre mille giorni: 1014 per l’esattezza. In questo lungo periodo il mio nome legato all’inchiesta Consip è stato tirato in ballo in oltre 2600 articoli sui giornali italiani (cui vanno aggiunti migliaia di lanci d’agenzie di stampa e un numero incalcolabile di servizi televisivi). Sempre nello stesso periodo io ho rilasciato solo tre dichiarazioni, per confermare la mia innocenza e la mia fiducia nella giustizia: da un punto di vista della comunicazione è come tentare di fermare uno tsunami con l’ombrello. Ma da parte mia, sia chiaro, non c’è rabbia o rancore per nessuno, neanche verso chi si è divertito a sbattere “il mostro in prima pagina” senza assumersi nessuna responsabilità. Oggi, 3 ottobre 2019, il Giudice per le udienze preliminari ha deciso che dovrà esserci un processo per accertare definitivamente la verità dei fatti. Il reato di cui devo rispondere è favoreggiamento di un “non indagato. Come ho fatto finora, affronterò tutto questo a testa alta. Ero e resto convinto che i processi si fanno nelle aule dei Tribunali e non sui giornali”.

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