Abbracciati, sul fondo del mare. Cullati dalle correnti. Così sono stati ritrovati un bambino piccolo e la sua mamma. Sono morti insieme in un naufragio avvenuto la notte tra il 6 e il 7 ottobre a 6 miglia a sud di Lampedusa. Il barchino su cui inseguivano la speranza di una vita migliore è stato ritrovato a 60 metri di profondità a pochi metri dal luogo dell’affondamento. A individuarlo la Guardia costiera che ha messo in azione tutti i nuclei dei sommozzatori a disposizione. E’ stato utilizzato anche un robot subacqueo che ha ripreso le immagini del barchino con il suo carico di morti. Al momento i corpi individuati sono 12, tra i quali quelli della donna e di suo figlio. Ma secondo chi indaga altri cadaveri potrebbero essere sparsi più lontano dal relitto. Le operazioni di recupero partiranno nei prossimi giorni: potrebbero essere necessari almeno tre giornate per ultimare questa delicata procedura di recupero, che sarà effettuata dai sommozzatori.
Le indagini sono coordinate dal procuratore aggiunto di Agrigento, Salvatore Vella, che ha ringraziato la Guardia costiera e i sommozzatori per l’impegno con cui hanno portato avanti la ricerca, non certo facile: “Ci hanno messo la loro professionalità, ma anche il cuore”. La tragedia è avvenuta nella notte tra il 6 e il 7 ottobre. Una strage di donne e bambini a una manciata di miglia da Lampedusa, si disse. Tredici le salme strappate al mare nelle ore successive: tutte donne, alcune incinte, anche una ragazzina di 12 anni. Nei giorni scorsi sono stati seppelliti nei cimiteri della provincia di Agrigento.
Una delle superstiti ha raccontato di avere perso la sorella più grande e la figlia di quest’ultima, di appena 8 mesi. A bordo, hanno raccontato i superstiti, erano in oltre 50. Solo 22 i migranti salvati nelle fasi concitate dei soccorsi da parte di Guardia costiera e Guardia di finanza, diventate tragiche, secondo le ricostruzioni, quando nella notte intorno alle 3, i migranti, in forte agitazione, complici anche le difficili condizioni meteo, si sono affollati su una parte del natante provocandone il ribaltamento a 6 miglia da terra.
La procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte quale conseguenza di altro reato. “L’imbarcazione non era in condizioni di affrontare la traversata”, aveva spiegato il procuratore aggiunto Vella, “nessuno a bordo sembra avesse strumenti di soccorso individuali e in questi casi un salvagente ti salva la vita”. Insomma, in questa situazione sono stati mandati a morte pressoché certa dai trafficanti di esseri umani. “Sono stati molto bravi gli equipaggi che sono intervenuti”, aveva poi sottolineato: “Se solo le persone a bordo avessero avuto un giubbotto o soltanto un salvagente, sarebbero oggi vive”.
Intanto, un barcone stracarico “in precarie condizioni di galleggiabilità” a 35 miglia da Lampedusa, acque Sar maltesi, è stato soccorso in mattinata da motovedette italiane di Guardia costiera e Guardia finanza, che hanno preso a bordo i circa 180 migranti e si sono dirette verso La Valletta. Ma dalle autorità dell’isola non è ancora arrivata l’indicazione del ‘pos’, il porto sicuro di sbarco. Ed è di nuovo braccio di ferro tra Italia a Malta a pochi giorni dal vertice ospitato proprio a La Valletta che avrebbe dovuto segnare una svolta verso una condivisione dell’accoglienza in Europa.
La Commissione europea, come avvenuto in tanti casi precedenti, coordinerà gli sforzi degli Stati che si faranno avanti per accogliere una quota dei 176 migranti salvati dalla Ocean Viking in arrivo domani mattina alle 8 a Taranto. I 176 soccorsi (tra di loro 4 donne incinte e 33 minori, di cui 23 non accompagnati) saranno trasferiti all’hotspot per le operazioni di identificazione e successivamente smistati in altri centri. In tanti, informa Msf, presentano sintomi da inalazione di carburante e diversi hanno ferite subite nei campi di detenzione in Libia. Attaccano Lega e Fratelli d’Italia, che parlano di “accordi di Malta-bluff” e accusano il premier Conte di “voler trasformare Taranto nella nuova Lampedusa”. In mancanza del meccanismo europeo di distribuzione automatica per quote dei migranti salvati dalle navi umanitarie, continua il metodo del “caso per caso” sull’accoglienza, con richiesta a Bruxelles di trovare i Paesi volontari disposti a farsi carico di una parte dei soccorsi.
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