Scacco al clan Montescuro, attivo nel quartiere di Sant’Erasmo e con particolare influenza nella zona del porto, diventato a Napoli uno dei gruppi emergenti nel panorama camorristico cittadino. Il blitz della polizia, scattato nella notte, su indagini della Dda di Napoli, ha portato all’arresto di 23 persone accusate di associazione per delinquere di stampo mafioso, finalizzata anche ad acquisire e mantenere il controllo di attività economiche, armi, estorsione, ricettazione e usura. Gli arrestati: Carmine Montescuro, 75 anni; Antonio Montescuro, 53; Nino Argano, 55; Carmine Montescuro, 59; Salvatore De Francesco, 54; Vincenzo Milone, 49; Raffaele Altamura, 61; Gennaro Aprea, 46; Francesco Luca Caldarelli, 44; Gennaro Caldarelli, 51; Giuseppe Cozzolino, 64; Salvatore D’Amico, 46; Sergio Grassia, 47; Antonio Marigliano, 37; Stanislao Marigliano, 61; Raffaele Oliviero, 4; Mario Reale, 50; Salvatore Riccardi, 39; Ciro Rinaldi, 56; Gennaro Rinaldi, 60; Gennaro Tarascio, 59; Giuseppe Vatiero, 58. Un’altra persone è attualmente ricercata.
Tra gli arrestati c’è anche Carmine Montescuro, il boss del clan ma soprattutto il mediatore nei periodi delle faide tra le diverse organizzazioni criminali. Per il quale, nonostante gli 84 anni, il giudice ha disposto il carcere. E’ lui una delle figure apicali dell’inchiesta, denominata “Piccola Svizzera” perché quella zona di Napoli era tranquilla dal punto di vista dei conflitti di criminalità organizzata. Montescuro per gli inquirenti ha notevole carisma criminale, tanto da poter intervenire nella soluzione di controversie tra diverse organizzazioni di camorra, pur dirigendo anche un proprio gruppo. La cosca sul territorio controllava tutte le attività illecite, avendo una cassa comune e armi, procurava avvocati agli affiliati con problemi di giustizia, manteneva i detenuti e le loro famiglie, pagava uno stipendio agli associati e ha la capacità di infiltrarsi nel tessuto produttivo con una notevole attività di riciclaggio. Il clan in particolare controllava le estorsioni a commercianti e imprenditori che operano nell’area del porto di Napoli.
I proventi delle estorsioni ai cantieri volte da Montescuro sono stati suddivisi tra le varie organizzazioni criminali, destinatarie di una quota determinata in base all’influenza sul territorio. In questo modo il capoclan è riuscito a mantenere gli equilibri tra le varie compagini di camorra, evitando il sorgere di conflitti, e garantendo, al contempo, il regolare svolgimento delle attività estorsive e la partecipazione di tutti ai profitti illeciti. E sono stati proprio i pentiti a sottolineare come, per questa posizione neutrale assunta, Sant’Erasmo era una “piccola Svizzera”. Gli imprenditori, seppure vittime di azioni e manifestazioni di violenza, hanno negato di aver subito richieste estorsive.
Tra i destinatari del provvedimento cautelare vi siano i maggiori esponenti della criminalità organizzata napoletana. Tra questi, Salvatore D’Amico, esponente di vertice dell’omonimo clan operante nel quartiere di San Giovanni a Teduccio al rione Villa; Ciro Rinaldi e Gennaro Aprea, al vertice degli omonimi gruppi camorristici radicati nella zona orientale della città di Napoli; Mario Reale, elemento di spicco di un’altra cosca attiva a San Giovanni a Teduccio; Giuseppe Cozzolino, con ruoli apicali nel clan Mazzarella; Stanislao e Antonio Marigliano, esponenti del clan Formicola, radicato nella zona detta Bronx di San Giovanni a Teduccio; Gennaro Caldarelli e Giuseppe Vatiero, al vertice della cosca radicata nel quartiere delle Case Nuove.