Su proposta del direttore della Dia, generale Giuseppe Governale, il tribunale di Bologna ha ordinato il sequestro di beni mobili ed immobili, per un valore di 10 milioni di euro, ad Antonio Muto, 64enne attualmente detenuto, originario di Cutro, ma domiciliato a Reggio Emilia. L’operazione ha riguardato 73 immobili, tra fabbricati e terreni situati in Emilia Romagna e in Calabria, una società immobiliare e 13 autoveicoli, oltre a numerosi rapporti bancari.
Antonio Muto, trasferitosi dal 1977 in provincia di Reggio Emilia, dove ha svolto attività nel settore edile ed immobiliare, è stato tratto in arresto nel 2015 e condannato, con rito abbreviato, nel 2018 dal tribunale reggiano a 12 anni di reclusione, poiché coinvolto nell’operazione “AEmilia”, insieme ad altre 202 persone, per associazione mafiosa, in quanto appartenente alla ‘ndrangheta operante nel territorio di Reggio Emilia, Parma, Modena e Piacenza, storicamente legata alla cosca di Cutro, facente capo a Nicolino Grande Aracri.
Il suo ruolo all’interno del contesto criminale di riferimento era quello di raccordo con pezzi della politica locale, sia per il rafforzamento e l’espansione economica del sodalizio, sia per l’influenza che la parte politica avrebbe potuto esercitare, al fine di contrastare le iniziative antimafia poste in essere dalle Istituzioni.