Spintoni, finte, spoliazione e vestizione con un altro mantello della Sacra Immagine. Il passaggio tra aversani e casalucesi dell’icona di Maria Santissima di Casaluce mostra tanta fede e tanto campanilismo tra storia e leggenda. Uno spettacolo di fede che emoziona ogni volta quello visto questa mattina con il ritorno a Casaluce l’effige della Madonna contesa che ritornerà ad Aversa il prossimo 15 giugno.
Una scena che si ripete da secoli. I fedeli dei due centri fanno cambiare di mano il baldacchino (che viene spogliato del mantello del paese cedente e vestito con quello del paese che accoglie l’Icona) all’altezza di una pietra che segna il confine tra Aversa e Casaluce. Gli abitanti di Casaluce che devono cedere l’Immagine fanno numerose “finte”; avanzano fino alla pietra di confine, per poi tornare rapidamente indietro. A presenziare il vescovo Angelo Spinillo e i sindaci di Aversa, Alfonso Golia, e di Casaluce, Antonio Tatone.
Secolare è la storia, che sfocia nella leggenda, del piccolo dipinto, attribuito a San Luca e da sempre conteso da aversani e casalucesi. La provenienza dell’Icona è certamente orientale: essa fu portata in Italia dal vicario di Carlo I d’Angiò, Ruggero Sanseverino, che era in missione in Terra Santa. Una volta giunte alla corte angioina, Ludovico da Tolosa, figlio di Carlo II, nel 1297, diede incarico a Beltramo dei Balzo, di custodire con cura l’Icona nel Castello di Casaluce che doveva essere trasformato in convento dei Padri Celestíní. Nel 1309, Carlo Il d’Angiò donò metà del suo Castello di Aversa ai Padri Celestini. In quel periodo la Sacra Immagine fu mèta di pellegrinaggi di re e regine: Giovanna I, Giovanna II, Alfonso I d’Aragona, Carlo V d’Asburgo e Carlo III di Borbone. Fin dalla sua venuta nell’agro aversano, la sacra Icona veniva ospitata per alcuni periodi dell’anno ad Aversa dove i Celestini si spostavano.
Nel 1722, il 4 maggio, papa Clemente XIV, su richiesta dei Vescovo Niccolò Borgia, dichiarava la Madonna Bruna Patrona della città di Aversa e della diocesi. Il timore di vedersela portare via, indusse i Celestini di Casaluce ad intraprendere un lungo iter giudiziario conclusosi nel 1857 con la permanenza di quattro mesi ad Aversa e otto a Casaluce. Intorno alla piccola tavoletta è fiorita anche una leggenda che ne accresce il fascino e la fede. Si racconta che durante una notte di tempesta, una donna si fosse recata presso il convento dei Celestini di Aversa per chiedere ospitalità, ma sarebbe stata scacciata. La donna giunse fino al monastero di Casaluce dove fu accolta ed ospitata in una stanzetta, dove, la mattina successiva, i Padri Celestini di Casaluce trovarono la piccola Icona al posto della donna.
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