Ha 38 anni e per lui il concetto di “famiglia” (parola che addirittura si è fatto tatuare sul viso) si sposa con la voglia di condividere con gli altri la sua abilità culinaria e ogni gesto professionale e artistico che diventa passione viva giorno dopo giorno. Una famiglia, la sua, che vanta una grande tradizione nel settore della ristorazione.
Rico Laudadio è titolare, insieme al fratello Bruno, e chef de “Il Vecchio Monastero”, rinomato ristorante di Teverola (Caserta), oggi ancora noto anche come “Tre Bastoni”, dal nome dell’allora cantina fondata nel lontano 1911 da Giuseppe Laudadio, detto “Tuppone”. Uno spazio conviviale, situato nella centralissima via Roma, dove diverse generazioni hanno condiviso la passione per il cibo e dello stare insieme. Un’arte conviviale allo stato puro, tramandata da Giuseppe al figlio Bruno, padre degli attuali gestori Rico e Bruno.
Oggi “Il Vecchio Monastero” vuole investire nell’esperienza maturata nel corso degli anni, proponendo le sue creazioni sullo scenario internazionale. La prima tappa è la Spagna, a Ourense, in Galizia, dove il prossimo 17 ottobre Rico Laudadio sarà tra i protagonisti di “Enbhiga”, un evento che mira a creare dei “ponti” tra gastronomia, cultura e turismo. Come raccontano gli organizzatori, finora Enbhiga ha percorso più di 5mila chilometri in 4 Paesi diversi, cucinando oltre 3mila piatti, con la partecipazione di oltre 1000 chef. Quest’anno la location sarà, appunto, la Spagna: un viaggio di oltre 1000 chilometri in cinque giorni, tra il 15 e il 19 ottobre, a partire da Madrid per proseguire in diverse località della provincia di Ourense (Pobra de Trives il 15 ottobre, Laias il 16, Ourense il 17 e Verín il 18), con rientro nella capitale iberica il 19.
Rico, per l’occasione, promuoverà le eccellenze enogastronomiche del territorio casertano, tra cui la mozzarella del caseificio Caputo di Teverola, per poi deliziare i palati spagnoli con i “pezzi forti” del suo repertorio, compreso lo storico “Scarpariello”, il celebre e amatissimo primo piatto della tradizione culinaria aversana. “Non può esserci innovazione senza volgere lo sguardo alla tradizione dalla quale veniamo”, è il pensiero di Rico, per il quale “ricreare un piatto significa rinnovarlo senza cambiarne l’essenza, così da renderlo parte di un racconto visivo e gustativo capace di stupire nella forma ma senza cambiare la sostanza del gusto”. Fino a condividere, con chi gusta quei sapori, la gioia finale di una creazione gastronomica.
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