Mafia, blitz contro Messina Denaro: fermato anche Nicosia dei Radicali

di Redazione

Antonello Nicosia, membro del comitato nazionale dei Radicali italiani, originario di Sciacca (Agrigento), è stato fermato all’alba di oggi, insieme ad altre quattro persone, con l’accusa di avere veicolato messaggi fuori dalle carceri. Secondo la Procura, le cui indagini sono state lunghe e complesse, avrebbe fatto da tramite tra capimafia, alcuni dei quali al 41 bis, e i clan, portando all’esterno messaggi e anche ordini. Nicosia ha accompagnato la deputata Pina Occhionero (ex LeU e di recente passata a Italia Viva, che risulta totalmente estranea alla vicenda) in alcune ispezioni all’interno delle carceri siciliane: durante quelle visite i boss avrebbero affidato all’assistente della parlamentare dei messaggi da recapitare all’esterno.

Antonello Nicosia, 48 anni, è stato eletto nel Comitato Nazionale dal XVII Congresso dei Radicali Italiani. Secondo l’accusa aveva una “doppia vita,” pubblicamente parlava di legalità e diritti dei detenuti, poi invece avrebbe aiutato i detenuti a fare uscire dal carcere dei messaggi alle famiglie mafiose. Alcune intercettazioni lo inchioderebbero. L’uccisione di Giovanni Falcone, nella strage di Capaci del 23 maggio 1992, “fu un incidente di lavoro”. A dire queste parole agghiaccianti, senza sapere di essere registrato dalle cimici della Procura di Palermo, è Antonello Nicosia, l’assistente parlamentare arrestato all’alba di oggi con l’accusa di avere veicolato dal carcere messaggi ai detenuti. L’assistente parlamentare era anche conduttore in tv della trasmissione “Mezz’ora d’aria” e parlava di legalità e diritti, ma dalle intercettazioni degli investigatori usava un altro linguaggio. Per la procura era in contatto con diversi boss, in virtù del suo ruolo di assistente parlamentare e di direttore dell’Osservatorio internazionale dei diritti umani, onlus che si occupa della difesa dei diritti dei detenuti.

Nicosia, intercettato dagli inquirenti, avrebbe più volte insultato il giudice Giovanni Falcone. Parole pesanti che sono finite nel fermo che ha portato in carcere altre quattro persone. Accuse al giudice ucciso il 23 maggio 1992 insieme con la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta anche sul suo ruolo al Ministero della Giustizia, prima della strage di Capaci. “Più che il magistrato faceva i politico”, diceva senza sapere di essere intercettato. “Bisogna cambiare nome a questo aeroporto, perché i nomi Falcone e Borsellino evocano la mafia. Perché dobbiamo sempre ‘arriminare’ (rimestare ndr) la stessa merda?”. A parlare, senza sapere di essere intercettato nella sua auto, è sempre Antonello Nicosia. “Ma poi sono vittime di che cosa? Di un incidente sul lavoro, no?”, dice ancora Nicosia al suo interlocutore. E scoppia a ridere. “Ma poi quello là (Falcone) non era manco magistrato quando è morto, non esercitava – dice ancora Nicosia – Perché l’aeroporto non bisogna chiamarlo Luigi Pirandello? O Leonardo Sciascia? E che cazzo, va. O Marco Polo?”, conclude ancora ridendo.

“Il massimo obiettivo auspicato da Antonello Nicosia era quello di formalizzare una collaborazione con la Camera dei Deputati, come noto prevista dai regolamenti parlamentari, grazie alla quale egli avrebbe potuto fare visita financo ai detenuti sottoposti al regime speciale di cui all’art. 41 bis”. E’ quanto scrivono i pm della Dda di Palermo nel provvedimento di fermo che ha portato in carcere Antonello Nicosia, assistente parlamentare di 48 anni accusato di avere fatto da messaggero con i detenuti di mafia e l’esterno. Nicosia era assistente della deputata di Italia Viva Giuseppina Occhionero.

“Lo stesso Nicosia rivelava tale circostanza in una conversazione del 4 gennaio 2019 col proprio conoscente Pippo Bono – dicono i pm nel fermo- In particolare, l’indagato confidava espressamente al proprio interlocutore di aver ottenuto un ”contratto” con l’Onorevole Occhionero non per ragioni economiche e di lavoro bensì per la possibilità di fare ingresso nelle carceri e, più in particolare, per far visita ai detenuti sottoposti al predetto regime di ”carcere duro”. “Le ho fatto l’interrogazione parlamentare, mi ha detto: “senti ma ti faccio un contratto”. Contratto, gliel’ho detto: “che contratto mi fai?””, dice nella intercettazione parlando della deputata ex Leu e oggi Italia Viva Giuseppina Occhionero. “Che minchia di contratto devi fare?”, chiede Bono. E Nicosia: “No vabbé gli ho detto come assistente parlamentare ma anche senza soldi. Che minchia, sennò mi deve dare 10.000 euro al mese a me, quelli che prendi tu. Perché io che minchia faccio… le ho detto: “mi fai un contratto per entrare ed uscire dalle carceri e basta”. Ogni tanto … (incomprensibile si accavallano le voci)”. E Bono: “Ti metti il ferro dentro la porta … minchia ho a questo che mi scrive tutto quanto…”. Nicosia: “No ma io non ci scrivo un cazzo, senza soldi niente le scrivo, mi giro”. E ancora: “No, mi giro le carceri invece, visto che non potevo entrare … così con lei entro”. “Faccio un sacco di cose hai capito? Ho trovato questo escamotage”.

Per i pm della Dda di Palermo Antonello Nicosia sarebbe stato impegnato “per la realizzazione di un non meglio delineato progetto che, afferente il settore carcerario, interessava direttamente il latitante Messina Denaro da cui l’indagato si aspettava di ricevere un ingente finanziamento non ritenendo sufficienti i ringraziamenti che asseriva di avere ricevuto dallo stesso ricercato”. E’ quanto si legge nel fermo.

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