Colpo alla ‘Ndrangheta, 70 misure di custodia cautelare per associazione mafiosa e traffico internazionale di droga tra Torino, Reggio Calabria, Milano e Catania. Sei le persone accusate anche di riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. 400 i militari impegnati nell’operazione.
Coinvolto nell’indagine anche Pierfranco Bertolino, avvocato già finito nella bufera giudiziaria della ‘cricca della procura di Torino’ per legami poco chiari che avrebbe instaurato con pm e clienti. A Bertolino l’accusa contesta, in questa operazione, di ‘concorrere’ nell’associazione della ‘Ndrangheta: il legale avrebbe informato alcuni affiliati dell’esistenza di un’indagine della Dda di Torino collegata a un procedimento contro ignoti avviato dopo il ritrovamento di 71 chili di stupefacente. L’avvocato avrebbe anche rivelato il fatto che gli inquirenti stessero cercando il latitante Nicola Assisi. Dopo le sue soffiate, gli indagati della ‘Ndrangheta avrebbero preso mirati accorgimenti per non farsi intercettare, disattivando i Gps.
L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal gip del Tribunale torinese su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia. I destinatari sono appartenenti o contigui alle locali di ‘ndrangheta di Volpiano e San Giusto Canavese (Torino) e sono ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso e traffico internazionale di stupefacenti, con l’aggravante delle finalità mafiose. La Finanza di Torino sta procedendo alla notifica dello stesso provvedimento per ulteriori indagati, ritenuti responsabili anche di riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. Sotto sequestro anche conti correnti e quote societarie.
Armi nascoste nelle conigliere, a due passi dai boschi delle Vaude, luogo in cui, secondo alcuni «pentiti», sarebbero nascosti i cadaveri degli Stefanelli. Macchine costose intestate ad altri per non finire nel mirino delle misure di prevenzione, scommesse clandestine, fiumi di droga. Bonifiche fatte dentro a case e auto per non finire intercettati. Riti, ordini, punizioni.
La ‘Ndrangheta della provincia torinese è viva e molto bene infiltrata. Lo scenario della maxi operazione dei militari è lo stesso dell’operazione Minotauro, che nel 2011 portò a 150 arresti: il cuore della Ndrangheta è il Canavese, piccoli paesi tra città e montagna dove le locali dirette dalla Calabria proseguono i loro affari. Volpiano, Cuorgnè, San Giusto: nell’ordinanza firmata dal gip Luca Fidelio tornano i nomi dei paesi dominati da boss dai nomi importanti. A partire dagli Agresta: sei esponenti della famiglia originaria di Platì ed emigrata nel Torinese sono coinvolti. Antonio Agresta, 46 anni, di Volpiano, è considerato uno dei capi almeno dal 2008. Al centro dell’inchiesta ci sono anche Domenico Agresta, 33 anni, Francesco, 44, Michele, 27, e Natale, 45. Tutti sono residenti tra Volpiano e Cuorgnè.
Per Antonio Agresta, 59 anni, pluripregiudicato e più volte arrestato, uomo potenzialmente in grado di comandare anche dal carcere, la procura di Torino ha chiesto e ottenuto “la massima misura afflittiva, essendo sistematicamente e organicamente inserito in una potentissima e radicata organizzazione criminale con conseguente elevatissimo pericolo di recidiva”. Oltre agli Agresta sono coinvolti nell’indagine i narcotrafficanti mondiali Pasquale e Nicola Assisi, entrambi latitanti per molti anni, ma anche esponenti delle famiglie Barbaro, Macrì. Nel blitz sono stati sequestrati diversi beni mobili e immobile, conti correnti bancari e quote societarie. I carabinieri di Torino hanno inoltre sequestrato 46mila euro in contanti, un chilo di marijuana, che si aggiungono agli 80 chili già sequestrati durante le indagini, e 14 orologi di pregio.
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