Duro colpo al mandamento mafioso di Brancaccio. Fermati i vertici di importanti famiglie mafiose e verificati inediti interessi criminali di Cosa Nostra, comprese le truffe assicurative con il sistema degli “spaccaossa”. Polizia in azione dall’alba, con fermi e sequestri per associazione mafiosa, estorsione, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, autoriciclaggio, danneggiamento fraudolento di beni assicurati ed altro. Il provvedimento di fermo di indiziato di delitto, disposto dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo che ha coordinato le indagini, è eseguito dalla Squadra mobile di Palermo.
La maxi operazione antimafia è l’epilogo di una complessa attività d’indagine, effettuata dalla squadra mobile di Palermo sul mandamento mafioso di Brancaccio e sulle famiglie mafiose di Corso dei Mille e Roccella, che ha reso una inedita radiografia di Cosa Nostra e dei suoi interessi criminali. Accanto agli storici interessi per le rapine e lo spaccio di droga, capillarmente controllato anche attraverso l’ausilio di quadri intermedi, è emerso – come si diceva – come anche il lucroso mercato delle truffe assicurative richiamasse le attenzioni mafiose. Accanto agli storici interessi per le rapine e lo spaccio di droga, capillarmente controllato anche attraverso il supporto di “quadri intermedi”, è emerso come anche il lucroso mercato delle truffe assicurative richiamasse le attenzioni mafiose, anche attraverso i cosiddetti “spaccaossa” e il “sacrificio” di vittime scelte in contesti sociali degradati, disposte a subire fratture gravissime.
Si tratta di un desolante spaccato già scoperto ad agosto 2018 e ad aprile 2019, con l’arresto di decine di malviventi privi di scrupoli. E’ emerso adesso come a beneficiare delle laute liquidazioni del danno, conseguenti ai finti incidenti, fossero le casse di Cosa nostra che introitavano grosse somme dedotte le “spese” di poche migliaia di euro da destinare agli “spaccaossa” e agli altri partecipi della messa in scena. Nel corso dell’odierna operazione, sono in corso, altresì, ingenti sequestri di beni mobili ed immobili. Cinque componenti della banda degli spaccaossa percepivano il reddito di cittadinanza. I soldi del sussidio arrivavano ai nuclei familiari di: Nicolò Giustiniani 900 euro, Stefano Marino, 500 euro, Pietro Di Paola, 780 euro, Ignazio Ficarotta 600 euro, Angelo Mangano 1330. Per quanto riguarda Giustiniani e Stefano Marino a percepire il reddito risulterebbero le mogli. In corso le indagini sugli altri nuclei familiari. La squadra mobile ha fatto la segnalazione all’Inps. Nel corso del fermo questa notte Giustiani avrebbe buttato dalla finestra circa 8 mila euro in contanti e carte di credito e prepagate Tutto sequestrato dai poliziotti.
Sempre a Palermo, la polizia ha confiscato un patrimonio del valore complessivo di 1,5 milioni di euro riconducibile al sessantunette Antonino Vernengo. Il provvedimento è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale su proposta del procuratore, sulla base degli esiti delle indagini patrimoniali condotte nel 2015. Nel settembre del 2016 il Tribunale aveva già disposto il sequestro dei beni oggi confiscati. Confisca che ha riguardato un appartamento in via Macrì, il compendio aziendale dell’impresa individuale “Parking Bersagliere” nell’omonima via, una quota sociale di un distributore di viale dell’Olimpo, e diversi saldi attivi di conti correnti bancari.
Vernengo è ritenuto soggetto vicino ad alcuni elementi di spicco di Cosa Nostra, in particolare alle famiglie mafiose di Cruillas e della Noce, come già emerso durante il procedimento con il quale, nel 2014, era stata applicata nei suoi confronti la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per due anni e la contestuale confisca di un’attività economica, di beni immobili, beni mobili e rapporti bancari. “Il contestuale procedimento penale a carico di Vernengo, seppur conclusosi con sentenza di assoluzione dal reato di intestazione fittizia di beni aggravato dal metodo mafioso – spiegano dalla Questura di Palermo -, non ha, comunque, precluso l’avvio nei suoi confronti di un procedimento per l’applicazione di misure di prevenzione, in quanto soggetto ritenuto socialmente pericoloso”. Dalle indagini patrimoniali sarebbe emersa una “notevole sproporzione economica tra i redditi leciti dichiarati e gli investimenti patrimoniali effettuati, a conferma dell’evidente impiego di risorse finanziarie di illecita provenienza”. IN ALTO IL VIDEO