Sono trascorsi più di cento anni dal primo film sulla creatura di Carlo Collodi creata nel 1883. La storia cinematografica di Pinocchio inizia nel 1911, quando l’interpretazione del burattino viene affidata a un esperto della slapstick comedy, Ferdinand Guillame, più noto come Polidor. Passa poi per alcune tappe fondamentali: il celebre episodio targato Disney del 1940, lo sceneggiato televisivo di Luigi Comencini del 1972 e lo sfortunato insuccesso di Roberto Benigni del 2002, tutt’ora il film più costoso della storia del cinema italiano (circa 40 milioni di euro).
Allora come motivare un altro Pinocchio nel 2019? È la realizzazione di un sogno nel cassetto per Matteo Garrone, poter mettere in scena un racconto che sostiene di aver iniziato a disegnare quando aveva sei anni. Una storia universale, e conosciutissima; ecco quindi la sfida, sorprendere lo spettatore nonostante la consapevolezza degli avvenimenti. Ma se quello che accade a Pinocchio è noto alla maggior parte delle persone grazie all’immaginario cinematografico, pochi sanno ciò che accade precisamente nel libro.
Così, paradossalmente, la soluzione passa per la grande fedeltà al testo originale. Questa viene mostrata nei due elementi principalmente enfatizzati nel film. L’ambientazione popolare: Geppetto è un uomo poverissimo, così come lo è il luogo in cui vive, e non a caso è interpretato da Roberto Benigni, nato e cresciuto in quel territorio contadino toscano in cui la mamma era solita chiamarlo “pinocchietto”. E l’aspetto comico: anche qui azzeccata la scelta degli attori, Gigi Proietti nel ruolo di Mangiafuoco, Rocco Papaleo e Massimo Ceccherini come Il gatto e La volpe. Ma soprattutto, la lealtà verso il romanzo non si limita alle parole. Spiega Garrone: “Le prime fonti d’ispirazione sono le illustrazioni che Enrico Mazzanti disegnò insieme a Collodi, lui scriveva e l’altro illustrava, quasi come se fosse un fumetto. Quelle immagini sono diventate la mia guida”. Da qui nasce la potenza visiva in cui si uniscono realismo scenografico e magia della vicenda, il punto d’unione che rende credibili strane convivenze sullo schermo: quella di un entroterra rurale abitato da popolani e di una villa in cui risiedono una fata e una lumaca gigante.
Proprio lì si scorgono somiglianze con Il racconto dei racconti (2015), pur mantenendosene a distanza, perché, a detta del regista, se questo era indirizzato all’adolescenza, Pinocchio mira all’infanzia. E infatti, al centro della successione di immagini così diversificate, c’è sempre un protagonista: un bambino di legno alle prese con la sua ingenuità. Pinocchio è nelle sale dal 19 dicembre.