“Dentro di me provo odio per gli italiani”. E’ la frase shock pronunciata dall’ultimo patron di Eternit, Stephan Schmidheiny, in un’intervista rilasciata a un quotidiano svizzero. Nel frattempo è ripresa in tribunale a Vercelli l’udienza del processo che vede il magnate elvetico chiamato a rispondere di omicidio volontario per le vicende di 392 persone ammalate e morte, secondo l’accusa, per l’amianto lavorato nello stabilimento di Casale Monferrato.
Il gup deve decidere sul rinvio a giudizio di Schmidheiny, che è finito ancora più nella bufera per delle dichiarazioni rilasciate qualche mese fa al quotidiano svizzero “Nzz am Sonntag”. “Quando oggi penso all’Italia provo solo compassione per tutte le persone buone e oneste che sono costrette a vivere in questo Stato fallito. Non ho intenzione di vedere una prigione italiana dall’interno – ha detto il magnate -. Alla fine il mio comportamento sarà giudicato correttamente e un giorno verrò assolto”.
Inoltre, ha ammesso di non riuscire a reggere il “carico emotivo” della lunga serie di processi a suo carico, e che si è dovuto occupare della sua igiene mentale per poter resistere. Il processo Eternit Uno è stato spacchettato in quattro filoni, spettanti a quattro procure diverse, dopo che il gup Federico Bompieri di Torino aveva derubricato il reato di omicidio da doloso a colposo. A Torino è rimasto lo spezzone per due morti di Cavagnolo (Schmidheiny è già stato condannato a 4 anni), a Napoli è andato quello per otto morti di Bagnoli, a Reggio Emilia per alcuni morti di Rubiera e a Vercelli per 392 vittime casalesi. Il gup Fabrizio Filice dovrà decidere se mandare a processo Schmidheiny per omicidio doloso, così come chiesto dai pm, cambiare il capo d’imputazione in colposo, oppure se proscioglierlo, come invocato dai difensori Astolfo Di Amato e Guido Carlo Alleva.