E’ di oltre 370 casi, di cui 12 morti il bilancio del coronavirus in 10 regioni d’Italia: 258 casi (tra cui sei minori) con 9 vittime in Lombardia, 72 casi con 2 morti in Veneto, 30 casi e un morto in Emilia Romagna, 3 in Piemonte, Lazio e Sicilia, 2 in Toscana e Liguria, 1 in Alto Adige e Marche. Il ministro Azzolina: “Non c’è rischio di perdere l’anno scolastico”. Primo morto in Francia. Guarita la cinese ricoverata allo Spallanzani di Roma da fine gennaio. A darne notizia è stato l’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, sottolineando che la donna è stata, insieme al marito, il primo caso in Italia. Anche l’uomo in ottime condizioni.
Sono sei i minori risultati positivi al coronavirus in Lombardia. La maggior parte legati alla cosiddetta zona rossa dove ora vige il divieto di ingresso e di uscita. Si tratta di una bambina di 4 anni di Castiglione d’Adda ricoverata al San Matteo, di un 15 enne ricoverato a Seriate (Bergamo) e due ragazzini di 10 anni di Soresina (Cremona) e di San Rocco al porto (Lodi) già tornati a casa. Positivo nei giorni scorsi anche un 17enne della Valtellina che frequenta l’istituto Tosi di Codogno e successivamente anche un suo compagno di scuola della provincia di Sondrio.
Le limitazioni agli italiani adottate per l’emergenza coronavirus in altri Paesi “non sono accettabili”. Lo ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ricordando che “martedì c’è stata una proficua riunione tra Speranza e i suoi omologhi dei Paesi confinanti, in un clima di massima codnivisione, su rigore, trasparenza e chiarezza sui dati. Hanno condiviso e apprezzato le nostre misure. Ieri c’è stato un ottimo clima, è stato condiviso un testo comune, che ci dà ampio apprezzamento per le iniziative messe in opera”. Non solo: “Ho parlato poco fa con Sebastian Kurz, il mio omologo austriaco, che ha apprezzato le misure che stiamo attuando”.
In Italia “sono stati eseguiti oltre 10mila test per la rilevazione del nuovo coronavirus, contro i meno di mille in Germania e Francia”. Lo afferma Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute e membro italiano all’Oms. Cià “si spiega con il fatto che alcune Regioni non hanno inizialmente seguito le linee guida basate sulla evidenza scientifica che prevedevano il test solo a soggetti sintomatici con ‘fattori di rischio’ legati a provenienza e contatti avuti. Alcune Regioni hanno esteso i test e ciò ha generato una sovrastima dei casi”.
“Siamo preoccupati per i nostri colleghi che sono chiusi nell’ospedale di Codogno (Lodi), vorremmo lavorare e dargli una mano, come volontari, ma molti di noi devono stare in quarantena”. Lo ha detto una dottoressa che abita a Codogno, che manifesta il “senso di impotenza” dello stop precauzionale forzato ma soprattutto “l’altissimo senso del dovere” dei medici territoriali nella zona rossa. “Abbiamo chiesto di farci almeno operare da casa nel triage telefonico, per alleggerire le centrali”, ha affermato.