Coronavirus, primo morto italiano: è uno dei due pazienti del Veneto

di Redazione

Primo morto in Italia per il Coronavirus: è un uomo di 78 anni. L’uomo risultato positivo al Coronavirus è deceduto venerdì sera poco dopo le 22.45 all’ospedale di Padova: è uno dei due pazienti positivi al coronavirus. Lo conferma all’Ansa il governatore Luca Zaia. Si chiamava Adriano Trevisan, abitava a Vo’ Euganeo, paese nella zona dei Colli padovani. Ex titolare di una piccola impresa edile, oggi era in pensione. Trevisan aveva tre figli, una delle quali, Vanessa, era stata sindaco di Vo’.

L’uomo, ricoverato già da una decina di giorni per precedenti patologie, è spirato venerdì sera all’ospedale di Schiavonia (Padova), e non nell’ospedale del capoluogo euganeo, come riferito in un primo tempo. «Non c’è stato neppure il tempo per poterlo trasferire» ha detto il governatore Luca Zaia.

17 sono i contagiati individuati al momento tra Lombardia e Veneto in meno di 24 ore, ma centinaia di persone che hanno avuto contatti diretti con loro sono in attesa di conoscere i risultati dei test e più di 50mila cittadini in provincia di Lodi sono, di fatto, in quarantena a casa loro. Il premier Conte: “Niente allarmismi, Schengen non sarà sospeso”. La situazione è seria perché non è ancora stato individuato con certezza il “portatore”, o i “portatori” del virus. Che, dunque, potrebbero aver contagiato altre decine di persone in diverse parti d’italia.

Grave un 38enne nel Lodigiano – “E’ noto, invece, il “caso indice”: un 38enne di Codogno che martedì 18 si è presentato all’ospedale con sintomi influenzali ma che, al termine della visita, è stato rimandato a casa. Il giorno dopo l’uomo è tornato e questa volta è stato ricoverato fino a giovedì sera, quando i test hanno dato il responso: positivo al coronavirus. Immediato è scattato l’isolamento al Sacco di Milano. Ma era già tardi. Nei giorni precedenti il 38enne ha incontrato decine di persone: è andato al lavoro, ha partecipato a due corse – una mezza maratona a Santa Margherita Ligure il 2 febbraio e una il 9 con la sua squadra a Sant’Angelo Lodigiano – ha giocato a calcetto, è stato ad almeno tre cene e incontri di lavoro.

Su come abbia preso il virus, al momento l’ipotesi prevalente è che possa esser stato contagiato durante una cena con un suo amico. Quest’ultimo, un italiano che lavora a Fiorenzuola d’Arda, in provincia di Piacenza, è rientrato dalla Cina il 21 gennaio. Agli inizi di febbraio, tra l’1 e l’8, ha accusato sintomi influenzali e in quei giorni ha incontrato il 38enne. L’uomo è però risultato negativo ai test: o non è lui il portatore o ha avuto il virus, è guarito e ha sviluppato degli anticorpi. Lo diranno i risultati degli esami del sangue in corso allo Spallanzani.

Dal 38enne il virus si è diffuso in almeno altre 13 persone: la moglie, un’insegnante che è in maternità e solo per questo non ha avuto contatti con gli studenti, un suo amico con cui corre abitualmente, 5 tra medici e sanitari e 3 pazienti dell’ospedale di Codogno. Gli ultimi tre positivi al momento in provincia di Lodi sono 3 anziani tra i 70 e gli 80 anni, clienti di un bar di Codogno: non hanno avuto alcun rapporto diretto con lui ma li hanno avuti con l’amico con cui corre, che è il figlio del titolare del bar. Sono tutti in condizione “serie”, dicono i medici.

Misure restrittive in 10 Comuni lombardi “Nostro figlio è gravissimo – confermano i genitori del 38enne – è intubato, è una cosa penosa, siamo distrutti”. Il lavoro che si sta facendo ora è ricostruire tutti i contatti avuti da queste persone. Solo il 38enne ha avuto rapporti con 120 colleghi, 70 tra medici e personale sanitario e 80 persone che fanno parte della sua più stretta cerchia, a partire dai 40 della sua squadra di corsa.

Ecco perché la Regione, d’intesa con il governo, non ha potuto far altro che far scattare una serie di “misure restrittive” in 10 Comuni, un’area dove abitano 50mila persone. Casalpusterlengo, Codogno, Castiglione d’Adda, Fombio, Maleo, Somaglia, Bertonico, Terranova dei Passerini, Castelgerundo e Sanfiorano sono in isolamento.

“Il piano adottato prevede scelte forti”, spiega il ministro della Salute Roberto Speranza elencandole: una permanenza domiciliare “obbligatoria” e la sospensione di ogni manifestazione pubblica, di attività commerciali, lavorative, sportive e scolastiche. “Dobbiamo trattenere il virus dentro quell’area”, dice ancora Speranza che poi conferma le misure già adottate: obbligo di quarantena “fiduciaria” per chi torna dalla Cina, e sorveglianza attiva per chi è stato nelle aree a rischio, con obbligo di segnalazione alle autorità sanitarie al rientro in Italia.

Due treni fermi per casi sospetti a Lecce e Milano – Due treni sono fermi nelle stazioni di Lecce e Milano perché a bordo ci sarebbero due casi sospetti di coronavirus. Si tratta di un Italo da Milano per Torino e di un Freccia in partenza dalla stazione del capoluogo salentino. In entrambi i casi si sta attendendo che il personale del 118 prelevi le due persone con sintomi influenzali.

Pronti due centri per la quarantena a Milano e PiacenzaSono inoltre già pronte anche due caserme della Difesa a Milano e Piacenza con 180 posti, per accogliere chi dovrà andare in quarantena. Non è escluso, lo ha ribadito anche il commissario Borrelli, che possano essere requisiti anche degli alberghi, se ci fosse necessità. Se dovesse inoltre essere confermato che il ‘portatore’ e’ l’amico rientrato dalla Cina, le misure restrittive scatteranno anche a Fiorenzuola d’Arda, dove ha sede la sua azienda, e a Piacenza, dove in via precauzionale hanno già sospeso sabato le lezioni scolastiche.

Conte: “Niente allarmismi” – La giornata è stata però scandita anche da polemiche politiche. “Manteniamo altissima la linea di precauzione – prova a rassicurare il premier Giuseppe Conte – Dovete fidarvi, stiamo adottando tutte le iniziative necessarie per la popolazione, niente allarmismo sociale e niente panico”. Ma Matteo Salvini attacca: “I contagi aumentano, bisogna blindare i nostri confini”. Sempre la Lega arriva chiedere a Conte la sospensione di Schengen. Soluzione che per ora non convince il presidente del Consiglio che “non ritiene necessaria questa misura”, ribadendo l’importanza di risposte “adeguate e proporzionali”.

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