“Tanto c’è zia Iva”, l’ombra della camorra dietro maxi frode da 100 milioni: 13 arresti

di Redazione

Oltre 100 militari della Guardia di Finanza hanno dato esecuzione a 13 misure cautelari personali e a 22 perquisizioni su tutto il territorio nazionale supportati da unità cinofile e con l’ausilio di unità aeree. L’operazione, denominata “Fuel Discount”, sradica un’organizzazione criminale che attraverso un sistema di frodi carosello ha sottratto circa 100 milioni di Iva in poco più di due anni e ha riciclato in Italia e all’estero i proventi illecitamente accumulati. A capo dell’organizzazione soggetti contigui alla camorra e alla criminalità romana.

Tutto nasce quando, nel gennaio 2019, i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Pavia, insospettiti da un notevole aumento del transito di autocisterne con targa slovena o croata dirette ad un deposito situato nel comune di Vigevano, hanno avviato un’autonoma attività d’indagine, che in poco più di un anno ha portato a svelare una imponente “frode carosello” perpetrata nel settore dei prodotti petroliferi. Gli artefici della frode, infatti, acquistavano il prodotto, tramite delle società ”cartiere” a loro riconducibili, da operatori aventi sede in Repubblica Ceca, Cipro, Croazia, Romania e Slovenia poi, grazie ad un giro di fatture false complessivamente quantificato in oltre 400 milioni di euro, riuscivano a rivenderlo a diversi clienti sparsi sul territorio nazionale o a metterlo in consumo attraverso distributori stradali da loro gestiti in Piemonte, Veneto e Lombardia a prezzi molto più convenienti rispetto a quelli di mercato.

I rilevanti introiti venivano riciclati attraverso il reimpiego degli stessi per attività illecite quali il pagamento in nero di stipendi o provvigioni oppure venivano utilizzati per l’acquisto di beni di lusso quali orologi del valore di anche 100mila euro, automobili quali Porsche, Ferrari e Lamborghini e vacanze a bordo di yacht da 15mila euro al giorno. A capo della banda con l’operazione “Fuel Discount” c’era un quarantacinquenne di Roma, che gli altri chiamavano “Semidio o Gesù”. Oltre a lui, che si occupava della gestione operativa della società, ai vertici c’erano un uomo soprannominato “Romeo”, 41enne domiciliato in una lussuosa villa nella zona Est di Roma, roccaforte dei Casamonica, e l’altro, chiamato “Stefano”, napoletano di 47 anni, fratello di un organico del clan camorristico Polverino. L’organizzazione criminale, secondo gli inquirenti, si stava «rapidamente» espandendo in Italia e all’estero grazie ai guadagni «ingenti» accumulati «in pochissimo tempo» e «al calibro criminale dei suoi vertici». Il meccanismo prevedeva la falsificazione dei bilanci delle società (ai domiciliari è finito anche un commercialista di 54 anni di Pavia) e il mancato versamento delle imposte.

«Tanto c’è zia Iva»…: così uno degli intercettati spiegava di non essere preoccupato dai 15mila euro che costava al giorno l’affitto di uno yacht per le vacanze. I soldi ‘guadagnati’ dal gruppo servivano a pagare provvigioni e stipendi in nero, ma anche auto lussuose come Lamborghini, Porsche e Ferrari e anche un orologio Patek Philippe da centomila euro. L’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto di Pavia. Maria Venditti. e dal sostituto Alberto Palermo, è iniziata quando i finanzieri si sono insospettiti per l’aumento considerevole dell’arrivo a un deposito di Vigevano di cisterne provenienti da Slovenia e Croazia. Grazie alla collaborazione della Polizia stradale e dell’ufficio delle dogane, le fiamme gialle hanno scoperto frodi a carosello. In pratica, il carburante veniva acquistato nella Repubblica Ceca, a Cipro, in Croazia, Romania e Slovenia attraverso società cartiere e poi con un giro di fatture false del valore stimato di 400 milioni di euro, rivendevano il carburante o lo utilizzavano in una serie di distributori stradali che gestivano fra Piemonte, Veneto e Lombardia. IN ALTO IL VIDEO

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