Un’edizione dei premi Oscar che entrerà, e ci resterà per lungo tempo, negli annali della storia del premio cinematografico più scintillante del mondo. E’, finalmente, successo che un film non in lingua inglese sia riuscito a scalare la vetta di Hollywood e a issarsi sul palco, di un’attonita ma condiscendente platea del Dolby Theatre, da autentico trionfatore. La 92esima Notte delle Stelle ha, infatti, incoronato il sudcoreano “Parasite” di Bong Joon Ho quale assoluto vincitore senza se e senza ma. Il thriller profondo e trasversale, dagli echi pulp, su una spietata lotta di classe ha raccolto ben quattro statuette di peso: film, regia, sceneggiatura originale e film internazionale.
Un bottino pienissimo e inatteso, pur da chi considera il titolo suddetto assoluto dominatore della stagione, che ha lasciato le briciole ai delusi contendenti. Il superfavorito della vigilia, “1917” di Sam Mendes, dramma bellico contrassegnato da fulminanti piani sequenza, si è dovuto accontentare di 3 Academy Awards tecnici quali fotografia, sonoro ed effetti speciali. A due Oscar si sono, invece, fermati gli altri supercandidati “Joker” di Todd Phillips e “C’era una volta a…Hollywood” di Quentin Tarantino. Il primo ha guadagnato gli allori per la colonna sonora e l’attore protagonista, Joacquin Phoenix, destinatario di un meritatissimo riconoscimento per una performance impareggiabile nei panni dell’eroe del cinecomic dalle solide implicazioni psicologiche, mentre il secondo ha prevalso per la ricca ed elaborata scenografia e l’attore non protagonista, un Brad Pitt mai così in parte e visivamente efficace.
Un trofeo a testa al biopic “Judy” di Rupert Good per l’attrice protagonista Renée Zellweger, alla seconda affermazione personale, al netflixiano “Storia di un matrimonio” di Noel Baumbach per l’attrice non protagonista Laura Dern, evidentemente senza rivali nella sua categoria, e alla commedia nera “Jojo Rabbit” di Takita Waititi, migliore sceneggiatura adattata. Gloria, infine, per sir Elton John, autore della migliore canzone originale dal film “Rocketman”, e, rimanendo nel campo delle sette note, non si può non citare un tifoso italiano molto speciale del fantastico “Parasite”. Si tratta, chiaramente, del cantante Gianni Morandi, la cui hit “In ginocchio da te” è, orgogliosamente, inserita nella poliedrica colonna sonora dell’opera coreana. In fin dei conti, in mancanza di candidati o vincitori nostrani, un pezzettino di Belpaese non poteva mancare nella cerimonia più autocelebrativa del pianeta, sganciatasi, per una volta, dall’ossessivo mantra trumpiano “America First”.