Si trovava dall’altra parte del mondo, in Australia, per migliorare il suo inglese e crearsi un avvenire, riuscendo nel contempo anche a trovare un lavoro per mantenere gli studi. Per Francesco Lama, 27 anni, di Aversa (Caserta), una scelta come quella di tanti altri giovani italiani che si trasferiscono in luoghi lontanissimi da casa per coltivare i propri sogni. Quei sogni che, in un “venerdì 13” marzo – dimostratosi, al di là delle superstizioni, realmente un giorno maledetto – si sono infranti nel giro di poche ore, mentre era in atto la prorompente escalation dei casi coronavirus, non solo in Italia, ma ormai in tutto il mondo. E la paura del virus veniva alimentata inevitabilmente da quella di non poter far ritorno in Italia causa il blocco dei collegamenti aerei e la chiusura delle frontiere. Per Francesco, riuscito a tornare a casa, è stato un vero e proprio “viaggio della speranza”. Come lui stesso racconta a Pupia.
“Ero in Australia da più di sei mesi. Avevo una Student Visa, grazie alla quale ho frequentato una scuola a Melbourne per migliorare il mio inglese. Nel contempo, lavoravo in un ristorante come pizza-maker. Avevo in programma un viaggio a Bali, in Indonesia, per poi richiedere il Working Holiday Visa (che dà la possibilità di vivere un anno in Australia, ndr.) e iniziare a lavorare full time. Ma il lavoro calava, senza un motivo apparente. In Italia, intanto, la situazione è già critica”. Il 13 marzo viene annullato il Gran Premio di Formula 1, a Melbourne, e da lì si comincia a capire che la città è in allarme, pur senza informazioni precise da parte del governo australiano. I ristoranti iniziano a chiudere e Francesco, di conseguenza, perde il lavoro.
“La settimana successiva – racconta – sarei dovuto partire per Bali, il 20 marzo, e non sapevo se era la scelta giusta affrontare quel viaggio, in quanto avevo paura di non poter rientrare in Australia o addirittura in Italia”. A quel punto, Francesco contatta il Consolato Generale Italiano di Melbourne per chiedere informazioni riguardo l’emergenza ed avere la possibilità per il rimpatrio o semplicemente ottenere una “Emergency Visa”, anche perché richiedere un nuovo visto sarebbe costato circa 4mila dollari. “Il Consolato ci consiglia di rimanere in Australia e di evitare in quel momento di viaggiare. Attendiamo tre giorni, la risposta è sempre la stessa, il Consolato non ci dà altre soluzioni per il rimpatrio”.
Lo sconforto inizia ad affiorare ma Francesco si mette a fare ricerche tramite i social e, su Facebook, trova il gruppo “Amanutenta – Viaggiatori bloccati all’estero”, creato da Francesco Beccu e Roberta Medda, che hanno aiutato, e continuano a farlo incessantemente, tutti quei ragazzi sparsi nel mondo che si sono ritrovati nel bel mezzo della pandemia. “Inizio ad indagare sui possibili voli per il mio rientro in Italia – dice il 27enne – dato che il Consolato Italiano, tramite e-mail, informa tutti che i voli acquistati da noi viaggiatori non sono organizzati da loro e se qualora fossero stati cancellati noi avremmo perso i soldi e loro non avrebbero potuto fare niente”. In poche parole, si sarebbero dovuti arrangiare.
Minuto per minuto il giovane aversano legge i commenti di viaggiatori che non riescono a rientrare in patria, vedendosi i voli cancellati a due ore dalla partenza, e questo dopo aver speso tutti i soldi a loro disposizione. Il costo dei biglietti inizia ad aumentare, fino ad arrivare a prezzi esorbitanti, che superano i 5mila euro. “Tramite il gruppo di Facebook – continua Francesco – inizio a verificare la tratta migliore per fare rientro a casa, senza l’aiuto delle Autorità, senza avere una certezza del mio rientro, senza nessuna garanzia. Decido di prendere il volo da Sydney con la compagnia Qatar Airways. Perché Sydney e non Melbourne? Perché il prezzo è decisamente inferiore a Sydney, 2500 dollari (di sicuro non regalato) mentre da Melbourne quasi 11mila dollari”. Francesco scuce 2500 dollari ed acquista il biglietto, esaurisce tutti i suoi risparmi. Rischia di contrarre il virus con un viaggio del genere e, se gli cancellassero il volo, anche il rischio di restare senza casa. Ma tornare a casa e stare con la sua famiglia è tutto ciò che desidera.
“In poche ore – racconta ancora il giovane – lascio Melbourne, diretto a Sydney, mentre il governo australiano si sta mobilitando a chiudere le frontiere, non prima di aver bloccato i voli internazionali in entrata, tra cui quelli che provengono dall’Italia. Successivamente mi richiama il Consolato Italiano, facendo domande specifiche sulla mia situazione. Le solite domande, ma di voli per fare rientro neanche l’ombra! Grazie al gruppo di Facebook vengo a conoscenza che i voli delle compagnie aeree vengono cancellati due ore prima della partenza e gli italiani, e tutti quelli che devono far rientro, perdono non solo il volo ma anche i soldi, con prezzi che oscillano dai 2mila ai 5mila euro”.
L’unica compagnia ancora sicura in quel momento è la Qatar Airways. La tratta è Sydney – Qatar – Parigi – Roma, con partenza il 30 marzo, un viaggio di quasi 70 ore. “Teniamo informati gli amministratori del gruppo di tutto ciò che succede, anche per condividere le informazioni utili ad altri utenti. Ad ogni scalo effettuato nessuno ci sottopone a tamponi o alla misurazione della temperatura corporea”, dice Francesco che, una volta giunto a Parigi, trova un’altra “sorpresa”: due ore prima della partenza dichiarano la cancellazione del volo Alitalia per Roma perché la situazione degenera di ora in ora. Poi il comandante dell’aereo chiarisce che il volo è “a numero chiuso”, solo per 50 persone. “Ma ad attendere – spiega Francesco – siamo più di 200. Ci sentiamo il mondo crollare addosso, abbandonati a noi stessi, pensando a tutti coloro che sono nella nostra situazione, se non peggio”.
Alla fine imbarcano tutti: sarà l’ultimo volo dalla capitale francese per Roma. “Era arrivato lo stato di emergenza, contavano 1000 morti al giorno. Noi passeggeri restiamo senza parole, il silenzio dilaga, ci guardiamo negli occhi speranzosi di poter far rientro in Italia e di stare con le nostre famiglie. Una volta saliti a bordo tutto sembra surreale: siamo stanchi, viaggiatori che vengono da voli internazionali, chi dall’America, chi dalla Cambogia chi dall’Australia, da tutto il mondo”. A Roma chiedono ai passeggeri di mantenere le distanze l’uno con l’altro, la Guardia di Finanza fornisce loro il modulo di autocertificazione. Poi ognuno per la propria strada. Dalla paura alla speranza, fino alla certezza: Francesco è finalmente tornato a casa.