Salvestrini (Polieco): “L’emergenza coronavirus non si trasformi in emergenza rifiuti”

di Redazione

di Claudia Salvestrini, direttrice PolieCo (Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene) – L’emergenza Coronavirus ci costringe sotto il profilo ambientale a una serie di riflessioni. In queste settimane in cui la nostra salute è così a rischio, ci siamo resi conto di quanto la plastica, soprattutto nel settore ospedaliero e nella protezione di alimenti e persone, rivesta un ruolo primario.

Il ruolo della plastica contro il Covid 19 – Sono in materiale plastico le mascherine, i guanti o le visiere, nonché gli involucri degli alimenti. Eppure una più diffusa consapevolezza si inserisce in un momento storico di forte demonizzazione di questo materiale. A paventare un’ulteriore crisi di un settore chiave per l’economia, è arrivata anche la proposta di istituire la plastic tax, che rappresenta un nuovo problema per imprese, produttori e lavoratori, che, andrebbero semmai accompagnati e incentivati ad una riconversione graduale, piuttosto che penalizzati.

Raccolta basata sulla quantità e non sulla qualità – Al di là della necessità di optare per prodotti già progettati per essere più facilmente riutilizzabili o riciclabili, c’è forse adesso una maggiore maturità per fare le dovute distinzioni fra i vari manufatti e non cadere in generalizzazioni che non servono a risolvere questioni cruciali. Resta che il vero problema dell’inquinamento ambientale correlato a un consumo notevole della plastica scaturisce da un ciclo di smaltimento non in grado di garantire sempre gli standard di sostenibilità ambientale ed economica. Soprattutto in questo momento, i disagi endemici si sono acuiti e l’emergenza rischia di rendere la situazione ancora più critica. E’ evidente che il problema non è da ricercare nella situazione contingente, ma in un vizio strutturale del sistema che, purtroppo, essendo basato sulla quantità e non sulla qualità, come da anni Polieco denuncia, ha già da tempo evidenziato carenze e disagi.

Bisogna raccogliere per riciclare, non per ottenere meri numeri! – Il tema resta soprattutto lo smaltimento dei residui del trattamento, il ‘famoso’ plasmix del quale ci siamo accorti solo dopo che la Cina ha deciso di chiudere le frontiere all’importazione dei rifiuti dai Paesi occidentali e i piazzali degli impianti hanno cominciato a mostrare cumuli notevoli, spesso interessati da incendi. Centinaia gli episodi delle piattaforme in fiamme e, dopo gli sforzi che si stanno compiendo per cercare di prevenire il fenomeno che purtroppo non accenna ad arrestarsi, spaventa che l’emergenza Covid 19 possa ad un certo punto indicare strade pericolose, come deroghe alle autorizzazioni, con l’innalzamento dei quantitativi di rifiuti che si possono stoccare temporaneamente in attesa di recupero e smaltimento, o la possibilità per i termovalorizzatori di lavorare al pieno della capacità termica.

Che non si mettano le mani avanti! – L’emergenza Coronavirus non può diventare l’occasione per “mettere le mani avanti” rispetto a una gestione dei flussi dei rifiuti che in questi anni non è riuscita a strutturare un sistema efficiente e in grado di garantire la vera economia circolare. Negli anni ci siamo ritrovati percentuali altissime di rifiuti diligentemente differenziati dagli italiani in giro per il mondo o in fiamme. Questo momento così delicato per il nostro Paese ci costringe a guardarci allo specchio e a mettere in campo le migliori risorse per riprogrammare con azioni concrete il sistema di gestione dei rifiuti. L’emergenza non deve essere utilizzata per fare peggio, semmai per orientare le scelte politiche, sociali ed economiche verso la tutela dell’ambiente e della salute. Per uno sviluppo sostenibile che vada oltre gli slogan e gli annunci.

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