Scacco alle nuove leve della fazione D’Albenzio del clan camorristico casertano dei Belforte, di base a Marcianise ma con ramificazioni anche a Maddaloni. Proprio nella città calatina la Polizia di Stato, la scorsa notte, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare – emessa dal Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di nove persone (otto in carcere e una ai domiciliari) ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti nonché porto e detenzione di armi da fuoco, anche alterate, con relativo munizionamento. Si tratta di reati commessi prevalentemente nell’area di Maddaloni, tra il 2017 e il 2019, e aggravati dal metodo mafioso.
L’indagine, sviluppata dalla Squadra Mobile di Caserta, con il coordinamento dalla Dda partenopea, ha permesso di far luce sulle più recenti dinamiche macro-criminali dell’area maddalonese, in particolare sull’odierna articolazione dei sodalizi di stampo camorristico che, nei decenni, si sono succeduti e rigenerati. E’ emerso il ruolo predominante assunto da Salvatore D’Albenzio, figlio di Domenico, detto “il faraone”, il quale aveva coalizzato attorno a sé una serie di sodali – tra cui Palladino Spallieri, suo braccio destro, e Giuseppe Amato, Lidia Maricela Apostolie, Ernesto Di Cicco, Antonio Di Vico, Antonio Mastropietro, Vincenzo Russo e Achille Fiorillo – che direzionava sia nel settore delle estorsioni, a danno di imprenditori ed esercizi commerciali, sia nell’ambito del traffico di droga.
Forte degli esiti di attività tecniche di intercettazione, telefonica e ambientale, ma anche di investigazioni “tradizionali”, quali appostamenti, pedinamenti e perquisizioni, l’indagine ha restituito l’immagine di un sodalizio camorristico pienamente operativo sul territorio maddalonese, nonostante i colpi subiti e l’evidente crisi economica che ha pressoché paralizzato ampi settori produttivi, a cominciare da quello edile. Impiegando il “brand D’Albenzio”, infatti, temutissimo sul territorio di Maddaloni fin dagli anni ’80, al tempo della comune militanza di Clemente D’Albenzio, detto “Mintuccio”, con i fratelli Salvatore e Domenico Belforte nella “Nco – Nuova Camorra Organizzata” di Raffaele Cutolo, Salvatore D’Albenzio è stato in grado di gestire, nonostante fosse ristretto agli arresti domiciliari, attività estorsive e spaccio di droga, facendo leva sulla forza di intimidazione del vincolo associativo e sulla conseguente condizione di assoggettamento e omertà in cui versa quel contesto sociale. È stata documentata, infatti, la commissione di molteplici delitti in materia di stupefacenti e connessi alle armi, ma soprattutto il tentativo di Salvatore D’Albenzio e Palladino Spallieri di imporre sull’area maddalonese il monopolio nel remunerativo settore dell’installazione di apparecchi automatici per la distribuzione di caffè, snack e bevande. Allo stesso tempo, è stata documentata la commissione di svariate condotte estorsive in danno di imprenditori e commercianti dell’area, realizzate col cosiddetto metodo delle tre rate: “Natale, Pasqua e Ferragosto”.
Al riguardo, è stato anche registrato il “cambio di strategia” della compagine criminale, consistito sia nella riduzione delle cifre di denaro pretese, sia nel prelievo, presso gli esercizi commerciali taglieggiati, di beni funzionali alle proprie esigenze. Lo spaccato che ne è derivato è quello di un sodalizio sempre in grado di “cambiare pelle” e, quindi, di adattarsi alle contingenze del momento pur di sopravvivere, anche in tempo di crisi, ma comunque pronto ad imporsi con la violenza e l’intimidazione propria di chi ha potuto sempre contare sull’utilizzo del “pedigree criminale” della famiglia D’Albenzio. Terminati gli atti di rito, gli arrestati – ad eccezione di Russo, ristretto ai domiciliari – sono condotti in carcere. IN ALTO IL VIDEO