I finanzieri del comando provinciale di Catania hanno dato esecuzione a un’ordinanza di misure cautelari nei confronti di 25 persone (21 ristrette in carcere e 4 agli arresti domiciliari) indagate, a vario titolo, per associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (cocaina, marijuana, hashish e “crack”) aggravata dalla finalità di agevolare il clan mafioso “Santapaola-Ercolano” e dalla detenzione di armi. Contestualmente, è stato eseguito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per sproporzione di una ditta individuale per un complessivo valore di 200mila euro.
L’investigazione condotta dal Nucleo di Polizia Economico- Finanziaria e coordinata da questa Procura Distrettuale, è denominata operazione “Shoes” per l’utilizzo, tra le tante, quali parole convenzionali, di noti brand di scarpe per comunicare i quantitativi di droga da movimentare. La meticolosa indagine dei Finanzieri del Gico di Catania (Gruppo Operativo Antidroga, Goa), consentiva di pervenire, tra gennaio 2017 e novembre 2018, a ripetuti riscontri dell’operatività di molteplici gruppi criminali organizzati (catanesi riforniti da formazioni criminali campane, albanesi, calabresi e laziali) attraverso l’arresto in flagranza per traffico di stupefacenti di 6 soggetti e al contestuale sequestro, in più frangenti, di oltre 4 chili di cocaina, 52 di marijuana e 25 circa di hashish. Gli stupefacenti sequestrati, destinati al mercato della Sicilia orientale, avrebbero fruttato alle strutturate compagini criminali etnee proventi per 2,5 milioni di euro.
Nel dettaglio, l’indagine trae la sua origine dallo sviluppo diretto delle evidenze emerse in un distinto procedimento penale (operazione “Stop and Go”) che portò, nel maggio 2019, all’esecuzione di un’ordinanza di misure cautelari in carcere nei confronti di 16 persone espressione di due distinte compagini associative, aventi la loro base operativa a Catania con ramificazioni attive in Italia (Torino, Siena e Reggio Calabria) e all’estero (Spagna e Sud America). L’odierna operazione “Shoes” ha permesso di tracciare con dovizia i traffici criminali condotti da due associazioni armate finalizzate al traffico di stupefacenti, una delle quali operativa anche allo scopo di agevolare Cosa Nostra etnea (gruppo criminale “ottantapalmi” poi assorbito dai “Nizza”) mediante la destinazione di parte dei proventi illeciti alle famiglie dei detenuti.
Il primo sodalizio era capeggiato da un pregiudicato catanese soprannominato “Bakù” dai fornitori partenopei in onore di una nota piazza di spaccio di Scampia (chalet Bakù), già noto alle cronache giudiziarie per essere stato tratto in arresto, nel quartiere etneo di Zia Lisa, con 1,3 chili di cocaina celata tra salumi nonché per la detenzione illegale di un’arma clandestina e munizioni. Tra i suoi sodali figurava anche un cantante neomelodico catanese noto per i suoi pezzi in napoletano. Il clan catanese si approvvigionava stabilmente, mediante collaudati sistemi di comunicazione tesi a eludere anche eventuali intercettazioni telefoniche in atto, da un sodalizio operante a Castellammare di Stabia (Napoli) nonché da un gruppo criminale italo albanese avente la sua base logistica nel Lazio. La detenzione di armi veniva riscontrata, nel settembre del 2017, quando, i finanzieri, nel quartiere di San Berillo Nuovo (Corso Indipendenza, Catania), traevano in arresto 2 soggetti in possesso di un arsenale costituito da un fucile mitragliatore Ak 47 “kalashnikov”, 3 revolver, una pistola semiautomatica e circa 500 cartucce di vario calibro, alcuni passamontagna e oltre un chilo di marijuana.
Il secondo focus investigativo era rappresentato dall’associazione armata capeggiata da un affiliato di cosa nostra etnea, promotore e coordinatore di un’attività di spaccio di stupefacenti nel territorio di Catania, il quale si procurava cocaina e “crack” da fornitori catanesi e calabresi e gestiva la lucrosa attività unitamente alla moglie, incaricata della contabilità dei crediti vantati nei confronti degli acquirenti e della suddivisione in dosi. I proventi del traffico di stupefacenti, oltre che essere ripartiti tra gli affiliati in relazione alle mansioni svolte, erano destinati dal promotore anche alle famiglie di alcuni affiliati in carcere del clan “Santapaola – gruppo Nizza”. Numerose le conversazioni intercettate nelle quali il reggente dell’associazione, contrariato dalla gestione non adeguatamente redditizia di una piazza di spaccio, palesava la necessità di affidare la stessa a soggetti in grado di garantire introiti superiori anche per sostenere adeguatamente le famiglie dei detenuti i quali, all’atto della loro carcerazione, avevano in lui riposto la fiducia affidandogli il controllo delle loro piazze. IN ALTO IL VIDEO