All’inizio dell’emergenza sanitaria i dispositivi di protezione individuali con potere filtrante testato e certificato secondo rigorosi standard internazionali (classe FFP2 o FFP3) sono diventati subito “merce rara”, tanto che i relativi prezzi sono saliti immediatamente, e in poco tempo sono risultati praticamente introvabili anche per le aziende produttive o per le amministrazioni pubbliche per le quali tali maschere filtranti sono indispensabili per la protezione dei lavoratori che operano in ambienti potenzialmente contaminati.
Vista la forte domanda di tali dispositivi anche da parte della cittadinanza, che li ricerca tutt’ora per una maggiore sicurezza personale rispetto alle ordinarie mascherine facciali non certificate, diversi imprenditori si sono convertiti in questo commercio affidandosi ad importatori improvvisati che stanno alimentando il mercato con prodotti di provenienza extracomunitaria privi di qualsivoglia certificazione a giustificazione della classificazione protettiva impressa sulle maschere e, molte volte, attestata anche attraverso l’apposizione di un falso marchio “CE”, così da agevolarne comunque la vendita.
Oramai sul mercato al dettaglio questi dispositivi si trovano in vendita in numerosissime categorie di esercizi commerciali (tabaccai, ferramenta, parafarmacie, supermercati solo per fare qualche esempio) ma spesso, approfondendo la filiera distributiva, si accerta che si tratta di prodotti che sono accompagnati da certificazioni inidonee o rilasciate da enti esteri non accreditati e che non sono mai stati sottoposti al vaglio tecnico dell’Inail che è tutt’ora l’unico ente pubblico che può autorizzare la commercializzazione di dispositivi di questo genere qualora privi dell’ordinaria certificazione comunitaria (marchio “CE”).
Proprio per contrastare questo commercio di prodotti illeciti, che generano nel consumatore l’erronea convinzione di acquistare un prodotto con ben determinate e rigorose qualità tecniche filtranti e quindi protettive, tanto da ritenere giustificato anche un prezzo finale ben più alto di quello delle ordinarie mascherine chirurgiche o di comunità, i reparti dipendenti dal Comando Provinciale di Caserta stanno da settimane verificando i prodotti in vendita per risalire ai grossisti e quindi agli importatori e/o produttori, così da verificarne la regolarità sotto il profilo della certificazione qualitativa. Ebbene anche questa settimana le irregolarità accertate sono state molteplici tanto che sono state complessivamente tolte dal mercato oltre 110.000 maschere FFP2 e FFP3 risalendo ai relativi importatori e produttori.
In particolare, il 12 maggio i finanzieri della Compagnia di Capua accedevano presso un ingrosso di articoli elettrici e per illuminazione di Curti dove rinvenivano 665 mascherine FFP2 riportanti il marchio “CE” falsificato e accompagnate da una certificazione altrettanto falsa di un ente non accreditato. Nessuna comunicazione all’Inail, poi, era stata effettuata dall’importatore. Il giorno successivo, mentre stavano operando unitamente a personale sanitario in un posto di controllo all’uscita del casello autostradale di Capua, i Baschi Verdi di Aversa si sono imbattuti in un veicolo commerciale, che, alla vista dei militari, tentava una repentina ma improbabile manovra di inversione di marcia. Inseguito e bloccato il mezzo, i militari hanno rinvenuto diversi imballaggi contenenti circa 25.000 mascherine destinate ad un imprenditore di Pietramelara attivo nel settore del commercio di prodotti informatici. Anche questi dispositivi riportavano un falso marchio “CE” e la successiva perquisizione presso la sede dell’impresa destinataria della spedizione permetteva di rinvenire altre 5 mila mascherine identiche per caratteristiche, modalità di packaging, indicazioni e diciture riportate, a quelle irregolari trovate su strada. Verificate le fatture di acquisto è stato possibile accertare che lo stesso commerciante aveva già venduto “in nero” altri 95.000 pezzi.
Nello stesso giorno militari della Compagnia di Aversa accedevano presso un ingrosso di articoli antincendio e antiinfortunistici di Orta di Atella dove rinvenivano 1.375 mascherine FFP2 e KN95, di cui 900 con marchio “CE” falso e con certificazione altrettanto falsa e altre 475 non certificate e prive del marchio “CE”. Ancora giovedì 14, una pattuglia della Compagnia di Caserta accedeva presso i locali di una ferramenta di Casagiove dove veniva accertata l’esposizione per la vendita di 90 dispositivi di protezione individuale (DPI) di categoria FFP2 accompagnate da una attestazione di conformità completamente falsa emessa da una società di San Prisco, fornitore delle mascherine. L’attività è stata quindi estesa anche al grossista dove, in un garage non dichiarato, è stato rinvenuto un vero e proprio laboratorio per l’imballaggio dei dispositivi. Qui infatti si provvedeva ad assemblare una confezione di 5 mascherine inserendola nel relativo packaging e applicando, su quest’ultimo, altre etichette riportanti informazioni ingannevoli circa il modello e le caratteristiche tecniche del prodotto.
La parte, evidentemente già consapevole del modus operanti dei finanzieri finalizzato a verificare anche le certificazioni accompagnatorie dei prodotti, ha tentato invano di raggirarli esibendo due distinte certificazioni rilasciate da enti europei. Tuttavia, la minuziosa analisi dei documenti ha consentito di smascherare un meccanismo di frode ancor più insidioso di quelli già scoperti, ossia l’utilizzo di certificazioni autentiche, ma relative a dispositivi diversi, come appurato attraverso immediati contatti assunti direttamente con gli stessi enti certificatori. Sono state quindi sottoposte a sequestro circa 20.900 mascherine, 58.000 confezioni e oltre 3500 etichette. Durante l’esecuzione dell’attività di servizio, alcuni militari hanno notato, inoltre, nelle vicinanze, un soggetto che trasportava dei pacchetti simili a quelli destinati a contenere mascherine. È stato quindi scoperto che il soggetto stava per spedire, tramite un corriere, una partita di circa 500 dispositivi FFP2 – KN95, anche questa volta scortata da una certificazione di conformità completamente falsa che è stata sottoposta a sequestro.
Risalendo poi alla filiera produttiva dei dispositivi nella giornata di ieri i militari della Compagnia di Marcianise si sono presentati presso un opificio tessile di Nola (Napoli), risultato il fornitore di parte delle mascherine già sequestrate all’ingrosso di Orta di Atella. In questo caso le Fiamme Gialle si sono trovate di fronte ad un’azienda già attiva nella produzione di capi di abbigliamento, riconvertita senza alcuna autorizzazione alla realizzazione di mascherine facciali per adulti e per bambini. Dai controlli eseguiti è emerso che l’azienda, non essendo in possesso della documentazione necessaria per apporre la marcatura CE sui dispositivi, aveva richiesto all’Istituto Superiore di Sanità e all’Inail l’autorizzazione “in deroga” senza tuttavia ottenerla. Ciononostante, aveva avviato la produzione e già commercializzato diverse migliaia di mascherine. In particolare, sono state 61mila le mascherine già prodotte e confezionate rinvenute dai militari presso l’opificio, composto di oltre 30 macchinari professionali per la cucitura e il confezionamento. Erano presenti, inoltre, oltre 2 tonnellate di semilavorati e materie prime destinate alla realizzazione di almeno un milione di mascherine dello stesso tipo, di cui almeno la metà dedicate ai bambini di età inferiore a 8 anni, per un giro d’affari complessivo di oltre 3 milioni di euro.
A conclusione delle operazioni, questo ulteriore piano operativo di controlli disposti dal Comando Provinciale della Guardia di finanza di Caserta ha permesso la disarticolazione di diverse filiere distributive di maschere professionali filtranti non a norma e la denunzia di un produttore, un importatore, un grossista e 5 venditori al dettaglio per frode in commercio e falsificazione di marchio comunitario.