Lutto nel mondo della musica per la scomparsa di Ezio Bosso, 48 anni, grande pianista, direttore d’orchestra e compositore che dal 2011 combatteva contro una malattia degenerativa che lo aveva costretto a ritirarsi dalle scene nel 2019. “Se mi volete bene, smettete di chiedermi di mettermi al pianoforte e suonare. Non sapete la sofferenza che mi provoca questo, perché non posso, ho due dita che non rispondono più bene e non posso dare alla musica abbastanza. E quando saprò di non riuscire più a gestire un’orchestra, smetterò anche di dirigere”. Così in una delle sue ultime apparizioni, a Bari, nel settembre 2019.
Si è spento ieri nella sua casa di Bologna “a causa del degenerare delle patologie che lo affliggevano da anni. Sia i familiari che la sua famiglia professionale, chiedono a tutti il massimo rispetto per la sua privacy in questo momento sommamente personale e intimo: l’unico modo per ricordarlo è, come sempre è stato e come sempre ha ribadito il Maestro, amare e proteggere il grande repertorio classico a cui ha dedicato tutta la sua esistenza e le cui sorti in questo momento così difficile sono state in cima ai suoi pensieri fino all’ultimo. Le esequie si svolgeranno in forma strettamente privata”. E’ quanto si legge in una nota.
Bosso ha tenuto concerti in tutto il mondo, ha ricoperto il ruolo di direttore stabile del The London Strings, ha vinto due David di Donatello per le colonne sonore di Io non ho Paura e Il ragazzo invisibile, entrambi film di Gabriele Salvatores. È stato Carlo Conti a portarlo nelle case di tutti gli italiani con la partecipazione al Festival di Sanremo nel 2016. Un’esibizione e poi parole di speranza e coraggio che fecero commuovere i milioni di spettatori in quel momento davanti allo schermo. “Sono ai domiciliari dal 24 febbraio. Se poi calcolo il periodo delle cure, dal 9 per le solite terapie, i mesi di clausura sono ormai più di due”, aveva spiegato il maestro torinese lo scorso 21 aprile in un’intervista. “La malattia mi ha allenato a soste forzate ben peggiori. Stavolta però non è il mio corpo a trattenermi ma qualcosa di esterno, collettivo, misterioso. Sono giorni strani, il tempo e lo spazio si sono fatti elastici, a volte le ore sono eterne, a volte volano. A volte ti senti in prigione, a volte scopri la Dodicesima stanza, quella che ti libera. Era il titolo di un mio vecchio album”.
I suoi cani, la sua casa grande, la musica ma anche una consapevolezza che Bosso aveva rispetto al “diventare migliori” dopo la pandemia da molti “predicato”: “Diventare migliori è una scelta, non una conseguenza, richiede un impegno forte con se stessi. Star chiusi in casa non basta. Questa retorica vuota che ci circonda è insopportabile. Così come tanta cattiveria sparsa nel web, l’ottuso complottismo di chi vuole un colpevole a ogni costo”. Nel 2018, ospite al Parlamento Europeo per la conferenza di alto livello sulla cultura il musicista, visibilmente emozionato, aveva ribadito quanto importante e viva fosse la musica per lui: “Noi che dedichiamo la nostra vita alla musica sin da piccoli frequentiamo germanoaustriaci come Beethoven, o francesi come Debussy, o tedeschi come Brahms e Mendelssohn. Vedete, non c’è un confine. La musica non è solo un linguaggio ma una trascendenza, che è ciò che ci porta oltre”.