“Favolacce”, è on demand la favola nera con Elio Germano

di Roberto di Matteo

Sebbene non in sala, l’uscita dei film non è stata fermata completamente dall’avvento del Covid 19; come in tanti altri ambiti, la tecnologia è venuta in aiuto tramite le piattaforme on demand, e infatti FavolacceOrso d’argento per la migliore sceneggiatura al Festival di Berlino – che sarebbe dovuto arrivare nei cinema il 16 aprile, si è inserito (a pagamento) nelle abitazioni dall’11 maggio.

Se il titolo internazionale, Bad Tales, profila un’inclinazione alla cattiveria, quello italiano può rimandare a una più precisa indicazione: l’amarezza. Una favolaccia non è semplicemente un evento negativo, è qualcosa che lascia l’amaro in bocca. I luoghi in cui si mastica questa sensazione sono spesso le periferie delle grandi città; Fabio e Damiano D’Innocenzo, registi del film, sono specialisti di quella romana. Ne avevano già parlato in La terra dell’abbastanza, loro esordio, ma era diversa. Era stretta, sbiadita, pericolosa ed estremamente realistica. Così facendo, aggiornavano e ricalcavano quella topica storia cinematografica nazionale spesso toccata dai grandi autori, dalle borgate di Pier Paolo Pasolini alle spiagge di Claudio Caligari.

Qui, al contrario, si entra nel territorio sognante dell’apologo. Negli scuri appartamenti del primo film erano i ragazzi a essere diventati responsabili delle condizioni dei genitori. Stavolta, i quartieri hanno assunto i colori delle villette a schiera, e i figli non sono ancora indipendenti, ma sono analogamente protagonisti. Una poetica è certa: quella dei volti a fuoco e di quelli fuori fuoco. Fra i primi i giovani, tra i secondi gli adulti. Quello che è più evidente – ed era già presente in La terra dell’abbastanza – è l’estrema continuità con cui la macchina da presa insiste sui visi dei bambini: anche quando a parlare sono altri, l’attenzione non si sposta, in risalto ci sono preminentemente le loro espressioni vacue.

Dove un tempo c’erano ingenuità, candore e, in alcuni casi, infantile malizia, ora trovano posto disillusione, abitudine e incomprensione. Mentre i grandi parlano, i piccoli non trovano un senso, e alle frasi che escono come un tentativo di colmare il vuoto corrisponde una riproduzione dello stesso. A venire meno è così la gioia della scoperta, che diventa, in tutti i casi, casualità, convenzione sociale anticipata o gioco pericoloso. Morale della favola: mentre queste si narrano ai figli, le favolacce andrebbero mostrate ai lettori.

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