I carabinieri della compagnia di Battipaglia hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misura cautelare nei confronti di un 59enne imprenditore edile, finito agli arresti domiciliari, e di un dirigente e di un dipendente, 59 e 61 anni, del servizio cimiteriale di Battipaglia, per i quali è stata disposta la sospensione dall’esercizio dei pubblici uffici. Le accuse nei confronti dei tre indagati sono di corruzione, truffa aggravata e abuso d’ufficio.
L’indagine, avviata l’estate scorsa, trae origine dall’anomala presenza all’interno del cimitero di Battipaglia dell’imprenditore, soggetto già gravato da una condanna per 416 bis nel 2008, in quanto ritenuto vicino al clan camorristico “Giffoni.Noschese”. In particolare, ha destato sospetto il fatto che l’uomo eseguisse la quasi totalità delle operazioni di polizia mortuaria, fuori dai formali circuiti amministrativi dell’ente locale. Le indagini hanno portato alla luce un patto tra pubblici funzionari ed imprenditore ai danni del Comune di Battipaglia e dei privati cittadini, indotti con l’inganno a versare somme di denaro per ottenere i servizi cimiteriali.
Al cimitero di Battipaglia, oltre ai due dipendenti, vi erano degli operai abilitati a svolgere le operazioni di polizia mortuaria, di fatto inutilizzati. Per legge, però, nessuna ditta privata poteva sostituirsi agli operai. Il danno per le casse comunali era peraltro doppio: è stato, infatti, accertato che il materiale edile usato dall’imprenditore per i lavori cimiteriali era preventivamente acquistato dal Comune, quindi pagato dai contribuenti a monte. Dall’attività investigativa è emerso come i due impiegati comunali sospesi intascassero direttamente i soldi da parte di privati cittadini che, convinti di una temporanea indisponibilità di mezzi e dipendenti comunali, pagavano il privato che di fatto agiva all’interno degli uffici comunali del cimitero come dirigente e coordinatore dei lavori. Eseguito anche il sequestro preventivo “per equivalente” di somme di denaro, ovvero di beni mobili ed immobili appartenenti agli indagati fino a concorrenza degli importi costituenti il documentato profitto dei reati, ammontante a circa 25mila euro. IN ALTO IL VIDEO