Utilizzavano carte di credito rubate dai centri di meccanizzazione di Poste Italiane, truffando banche e clienti con tecniche di “social engineeering” e “spofing” e riuscendo a ottenere centinaia di migliaia di euro da carte di credito intercettate prima di giungere ai destinatari. Sono 14 le misure cautelari eseguite, di cui 9 di custodia in carcere, dai carabinieri del nucleo investigativo di Verbania che, coordinati dalla Procura di Napoli, hanno condotto le indagini, estese alle province di Napoli, Caserta e Bologna, con la collaborazione dei colleghi dei rispettivi comandi provinciali.
In carcere sono finiti: Maurizio Esposito, 46 anni; Salvatore Esposito, 23; Pasquale Sacra, 33; Ciro Acampa, 33; Michele De Martino, 28; Nicola Piccolo, 22; Antonio Zampino, 29; Raffaele Di Martino, 30; Giandiego Carandente, 28; Mauro Fabozzi, 57. Divieto di dimora in Campania, invece, per Sabatino Ruberti, 33 anni. Le accuse, a vario titolo, sono di associazione per delinquere finalizzata alla ricettazione ed all’indebito utilizzo, previa attivazione con metodi fraudolenti, di carte di credito/debito di illecita provenienza.
L’indagine “Incognito” è stata avviata a marzo 2019 a seguito dell’esecuzione, a Napoli, di una misura cautelare detentiva nei confronti di uno dei responsabili della rapina a mano armata all’ufficio postale di Nonio (Verbania) del dicembre 2018. Nel corso della perquisizione domiciliare i carabinieri avevano infatti rinvenuto una carta di credito intestata ad una donna del Nord Italia, del tutto estranea al soggetto arrestato. Intuendo l’importanza di tale ritrovamento e sviluppando immediati ed approfonditi accertamenti è emerso che la carta di credito, riportante una firma falsa e mai giunta all’intestataria, era stata utilizzata in un casinò sloveno. Un’ulteriore verifica ha consentito di appurare che la stessa era stata sottratta, alla fine di gennaio 2019 ed unitamente a molte altre di uno stesso lotto, dal Centro Meccanizzato Postale di Milano Roserio.
Analizzando i movimenti di tutte le carte di credito di quel lotto è emerso che molte erano state utilizzate indebitamente presso casinò Sloveni nonché esercizi pubblici o Atm italiani. Preso atto delle caratteristiche e delle dimensioni del fenomeno, sia in termini di numeri di carte utilizzate che di importi prelevati, si è prospettata l’esistenza di una organizzazione ben strutturata in grado di gestire un’attività illecita di tale elevato profilo. Le attività di indagine, coordinate e dirette dalla Procura di Napoli, settima sezione, sviluppate ricorrendo sia ad attività tecniche che tradizionali e grazie anche alla collaborazione delle forze di polizia slovena e svizzera, hanno quindi permesso di svelare il complesso meccanismo alla base delle attività illecite.
I fatti accertati in Slovenia altro non erano che episodi inseriti in un contesto criminale ben più ampio, all’interno del quale i componenti del gruppo criminale, organizzati in modo professionale, erano soliti portare a termine ciascuno il proprio compito preassegnato e sempre finalizzato all’utilizzo delle carte di credito rubate. Ottenuta la disponibilità delle carte, sistematicamente sottratte da Cmp – Centri Meccanizzati Postali dislocati in tutta Italia, iniziava la fase di acquisizione di dati sensibili sul conto degli ignari clienti, destinatari della corrispondenza “intercettata”; ciò consentiva ai malviventi di raggiungere l’obiettivo finale dell’associazione: l’indebito profitto dato dall’utilizzo dei titoli di credito sottratti.
Per raggiungere il loro scopo, gli associati avevano costituito una vera e propria “struttura” altamente organizzata nella quale alcuni soggetti, che operavano dall’interno di un locale adibito ad “ufficio” sito a Napoli, con metodi di “ingegneria sociale” contattavano di volta in volta i destinatari delle carte, nonché uffici pubblici, banche ed istituti finanziari, cercando di ottenere i dati riservati necessari a poter attivare ed utilizzare le carte di credito che avevano a disposizione. Per ingannare i vari interlocutori venivano utilizzati anche programmi che modificano il numero telefonico del chiamante (cd. “spoofing”), così da far credere al cliente che la chiamata provenisse dalla banca e viceversa. Uno di questi software si chiama “Incognito” ed ha dato il nome all’indagine.
Ottenuti i dati ed attivate le carte, altri soggetti iniziavano ad utilizzarle, sia a Napoli che in altre zone d’Italia ed anche all’estero (Slovenia e Svizzera), monetizzandone il più possibile i rispettivi plafond. In particolare, oltre a prelievi presso gli Atm ed acquisti in boutique o centri commerciali, i soggetti si recavano presso casinò esteri ove, mostrando documenti falsi corrispondenti alle carte di credito, acquistavano “fiches” per migliaia di euro, che poi venivano restituite poco dopo, ottenendo così denaro contante. Del gruppo faceva parte anche una donna che, fingendosi la moglie di uno dei malviventi, utilizzava le carte di credito intestate a soggetti di sesso femminile e consentiva di superare più agevolmente i controlli.
Poiché i malviventi erano anche in grado di aggirare i sistemi di sicurezza (sms di allerta e/o avviso di avvenute transazioni) attivati dalle banche/istituti finanziari, gli ignari clienti spesso si avvedevano degli indebiti utilizzi, anche fino ad oltre 6mila euro, solo alla ricezione dell’estratto conto, a seguito del quale non potevano fare altro che denunciare l’accaduto. L’attività di indagine è proseguita ininterrottamente per oltre 8 mesi ed ha permesso di ricostruire l’organigramma dell’associazione per delinquere e documentare 133 eventi delittuosi, commessi da gennaio a maggio 2019, ai danni di 122 parti offese e per una somma complessiva di diverse centinaia di migliaia di euro. Nel corso dell’indagine sono state inoltre rinvenute e sequestrare 220 carte di credito di provenienza illecita e 7.450 euro in contanti. IN ALTO IL VIDEO