Fiori d’arancio per 24 livornesi – 15 uomini e 9 donne – che, tra il 2014 e il 2019, hanno celebrato le proprie nozze con cittadini stranieri. Il fatidico “sì” non è stato mosso, però, dal desiderio di coronare il sogno di una vita insieme. Si è trattato, infatti, di fugaci e occasionali incontri tra coppie di perfetti sconosciuti, visti insieme solo per espletare le incombenze necessarie per la celebrazione del rito civile e, nella gran parte dei casi, definitivamente allontanatisi appena usciti dalla porta del Municipio.
100 militari appartenenti a 10 Reparti della Guardia di Finanza, coordinati dal comando provinciale e dal dipendente Nucleo Pef (Polizia Economico-Finanziaria) hanno eseguito, nelle scorse 48 ore, 5 misure cautelari personali e 55 perquisizioni nelle province di Livorno, Siena, La Spezia, Torino e Padova per porre fine a un subdolo sistema di celebrazione di falsi matrimoni tra italiani, sudamericani e nordafricani finalizzati all’ottenimento di un titolo di soggiorno in Italia. Le indagini, condotte dalle Fiamme Gialle sotto la direzione della Procura della Repubblica di Livorno, riguardano le ipotesi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e induzione in falso in atto pubblico coinvolgenti, in particolare, un cittadino della Repubblica Domenicana, un 55enne, finito in carcere, e 4 livornesi, di cui una donna, sottoposti all’obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria: si tratta degli organizzatori “seriali” dei falsi matrimoni, nei cui confronti il Tribunale di Livorno ha disposto, accogliendo la richiesta formulata dall’Ufficio del Pubblico Ministero, l’adozione di provvedimenti cautelari personali.
Ignari e incolpevolmente coinvolti nel sistema illecito sono risultati anche i pubblici ufficiali intervenuti nella celebrazione dei 24 falsi matrimoni (in 23 casi presso il Comune di Livorno e in un’occasione presso quello di Rosignano Marittimo) e nel rilascio dei titoli di soggiorno nei confronti di 24 stranieri (16 provenienti dalla Repubblica Dominicana, 2 dal Perù, uno da Cuba, 2 dalla Nigeria, uno dal Marocco, uno dalla Tunisia e uno dal Senegal). Nel corso di attività tesa alla repressione dei traffici illeciti condotta dalla Sezione Mobile del Nucleo Pef è, infatti, emerso che, dietro pagamento di denaro, gli autori degli illeciti reperivano soggetti compiacenti – italiani di ambo i sessi, frequentemente gravitanti nelle aree limitrofe a Piazza della Repubblica e via Garibaldi, spesso bisognosi di liquidità necessaria per acquistare stupefacenti – disponibili a contrarre “fittiziamente” matrimonio con persone del tutto sconosciute, in molti casi, come detto, incontrate solo e unicamente in occasione della cerimonia nuziale.
L’esecuzione delle misure cautelari personali e delle numerose perquisizioni ha interessato 55 obiettivi, in Livorno nonché nei comuni di Rosignano Marittimo, Cecina e di Castagneto Carducci, con l’impiego complessivo di 33 pattuglie: oltre agli investigatori del Nucleo Pef, hanno operato finanzieri in forza ad altri 5 reparti dipendenti da questo comando provinciale (1^ e 2^ Compagnia Livorno, Compagnia di Piombino, Tenenza di Cecina e Tenenza di Castiglioncello). Le operazioni di polizia giudiziaria ed economica hanno ricompreso anche 6 interventi svolti fuori provincia, mediante la collaborazione dei militari in servizio in 4 Reparti della Toscana (Poggibonsi), Liguria (La Spezia), Piemonte (Torino) e Veneto (Padova), località ove, nel tempo, taluni degli “sposi” avevano trasferito il proprio domicilio. Oltre ai titoli di soggiorno rilasciati sul presupposto del falso matrimonio, le Fiamme Gialle hanno sequestrato copiosa documentazione, attualmente al vaglio degli inquirenti.
Al centro del sistema, il cittadino dominicano da molti anni residente a Livorno e ora tratto in arresto, dimostratosi in grado di reperire gli italiani da far sposare ad altri latino-americani e a nordafricani per poter regolarizzare la propria posizione di ingresso e soggiorno in Italia. Le coppie di “sposi” erano spesso caratterizzate da una differenza d’età, a volte anche consistente, tra i coniugi. In due casi, le “spose” dominicane si sono, poco dopo il matrimonio, ritrovate già vedove di uomini anche trent’anni più anziani. A carico di una di queste, poco più che quarantenne, è stato contestato anche l’abbandono di persona incapace di provvedere a se stessa in ragione delle patologie sofferte e dell’età avanzata (ultra settantenne). Tra l’altro, non appena appresa la notizia del decesso dell’anziano coniuge, la vedova, che si trovava in Spagna, faceva rientro in Italia e, come erede, subentrava quale locataria di una casa popolare a Livorno.
Per comprendere quanto labile fosse il rapporto tra i coniugi può citarsi il caso di uno “sposo” italiano che, a distanza di alcuni anni dopo il falso matrimonio, ha inteso intraprendere il percorso per ottenere il divorzio. A tal fine, quest’ultimo si è nuovamente rivolto al dominicano che lo aveva reclutato come “sposo a pagamento” poiché non era in grado di ricordare il nome della donna con la quale aveva contratto le nozze e non sapeva, dunque, come richiederne la separazione legale. Dopo non essere riuscito a reperire il cognome della propria “moglie” nemmeno tramite ricerche sui social e sul web, ha, infatti, richiesto all’organizzatore delle “nozze combinate” come poter rintracciare la donna.
Il solito organizzatore è risultato provvidenziale anche per consentire le, pur brevi, comunicazioni tra gli sposi. In un’occasione, la differenza linguistica tra uno “sposo” livornese e una “sposa” dominicana stava per diventare un ostacolo che non avrebbe consentito di perfezionare il rito nuziale. Per superare tale gap, il “wedding planner” si è offerto come interprete in grado di garantire il necessario dialogo tra i due nubendi. Ogni matrimonio celebrato prevedeva il pagamento di un corrispettivo, solitamente tra i 6.000 e gli 8.000 euro, da ripartire, poi, tra il “coniuge” italiano, l’“agente matrimoniale” dominicano e altri soggetti che, in più occasioni, si sono prestati a collaborare per organizzare le cerimonie nuziali. Può, dunque, stimarsi come il sistema abbia prodotto – considerando solo i 24 matrimoni di cui è stata accertata la falsità che probabilmente sono destinati ad aumentare sulla base degli elementi raccolti – un volume d’affari illecito di circa 150-200 mila euro.
In un momento storico in cui è particolarmente avvertita l’esigenza di arginare i fenomeni di illegalità e di degrado nel centro storico della città di Livorno, l’operazione condotta testimonia il ruolo attivo della Guardia di Finanza nel contrastare la criminalità economica in stretta collaborazione con l’Autorità giudiziaria e nel concorrere al controllo del territorio e al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, in attuazione delle direttive del Prefetto di Livorno e in sinergia con le consorelle Forze di Polizia. IN ALTO IL VIDEO