Cinque persone arrestate dal Gico (Gruppo intervento criminalità organizzata) della Guardia di Finanza di Milano nell’ambito di un’inchiesta del pm di Milano Silvia Bonardi su infiltrazioni della ‘ndrangheta nel settore dei rifiuti. Tra queste c’è Paolo Efrem, 39 anni, consigliere comunale di Busto Arsizio (Varese), accusato di emissione di false fatture con l’aggravante di aver agevolato le cosche calabresi. L’ordinanza, emessa dal giudice per le indagini preliminari Sara Cipolla, su richiesta della pm Silvia Bonardi, riguarda anche il capo del clan di Legnano-Lonate Pozzolo, Vincenzo Rispoli, detenuto nel carcere milanese di Opera al 41 bis. Arrestati anche il figlio e il genero del capoclan.
Figlio di genitori eritrei migrati in Italia nel 1973, cresciuto nel quartiere dei Santi Apostoli, Efrem è il primo consigliere comunale di colore a Busto Arsizio. Alle ultime elezioni amministrative si era presentato nella lista civica “Busto Grande”, ottenendo 82 preferenze. Salì alle cronache nel 2018 quando, in un’intervista, diede ragione a Matteo Salvini sulla chiusura dei confini per la gestione dei migranti. Nel 2018 a VareseNews aveva detto: “‘Busto Grande (la lista civica di cui faceva parte, ndr.) mi ha insegnato a superare gli steccati e la dicotomia destra-sinistra. In Consiglio porterò i punti del nostro programma. Rimango fuori dalla maggioranza ma sono pronto ad appoggiarla se porterà avanti punti del programma di Busto Grande e in particolare quelli più vicini alle mie idee”. Successivamente Efrem aveva cambiato il nome del gruppo in “Busto Grande-Lombardia Ideale”, aderendo al movimento nato su iniziativa del governatore Attilio Fontana e tornando in maggioranza. Secondo l’ipotesi investigativa le fatture emesse per presunte consulenze servivano a coprire il giro di denaro derivante dal trattamento dei rifiuti mentre gli introiti erano destinati ai clan. I giudici affermano anche di aver provato che parte del denaro serviva per pagare i viaggi degli affiliati al clan dalla Calabria a Novara per far visita ad un altro presunto boss dell’organizzazione, detenuto in regime di carcere duro nella cittadina piemontese.
L’inchiesta è il seguito dell’operazione ‘Feudo’, condotta dalla Dda di Milano, che nell’ottobre 2019 aveva portato ad 11 arresti per traffico illecito di rifiuti e ad un sequestro di circa 1,5 milioni di euro. La nuova tranche di indagine ha accertato che la società “Smr Ecologia srl”, che operava prima nel settore dei trasporti e poi in quello dei rifiuti e che gestiva un impianto di trattamento a La Guzza (Como), ha subito per lungo tempo “l’infiltrazione da parte di soggetti legati alla locale di Legnano-Lonate Pozzolo”, tra Milano e il Varesotto.
L’imprenditore della Smr ha scelto poi di collaborare con gli inquirenti, dopo essere stato arrestato, e ciò ha permesso di “ricostruire il contesto estorsivo”. Tra il 2014 e il 2018 l’imprenditore “è stato costretto ad erogare utilità di vario tipo”, ossia soldi ma anche “assunzioni di personale” a favore della cosca. Paolo Efrem avrebbe emesso false fatture per 100 mila euro attraverso la sua società “Efrem Trade”. I fondi neri così creati, stando alle indagini, sarebbero serviti per pagare “spese di viaggio e di soggiorno” al nord dei familiari di Silvio Farao, presunto boss della ‘ndrangheta detenuto al 41bis. Sempre secondo gli investigatori, Efrem avrebbe fatto in pratica anche da “autista-prestanome” di Daniele Frustillo, anche lui arrestato oggi con l’aggravante mafiosa e che si sarebbe occupato delle false fatture emesse dalla società del consigliere. Società che, secondo le indagini, sulla carta si doveva occupare di gestione rifiuti ma non aveva le licenze necessarie e che avrebbe prodotto le fatture per operazioni inesistenti utili alla cosca della ‘ndrangheta.
Le false fatturazioni sarebbero state emesse per consulenze fittizie. False fatture che venivano emesse a favore della società Smr Ecologia, anch’essa al centro dell’inchiesta. Il suo titolare, arrestato in passato e che ha poi collaborato con i pm, sarebbe stato vittima di estorsione da parte della ‘ndrangheta. In sostanza, doveva versare soldi alla cosca e il denaro usciva dalle casse della società proprio col pagamento delle false fatture, per oltre 100mila euro in un anno, alla società di Efrem, definito dai pm “compiacente”. L’imprenditore vessato avrebbe anche assunto nella sua impresa il compagno della figlia del boss Vincenzo Rispoli. Rispoli che più volte avrebbe minacciato “di morte” l’imprenditore per avere questa assunzione. Gli oltre 100mila euro sarebbero andati appunto ai familiari del boss Silvio Farao che era detenuto al 41bis (da qui il nome dell’operazione di oggi ‘special guest’). Famiglie che avrebbero usato quei soldi per viaggi al nord. IN ALTO IL VIDEO