Al termine di una complessa attività investigativa, coordinata dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, i carabinieri della Sezione Operativa Antibracconaggio e Reati a Danno degli Animali del Raggruppamento Cites e del Nucleo Cites di Napoli, coadiuvati nella fase esecutiva dai militari del Gruppo Forestale di Napoli e Latina e del Comando Provinciale di Napoli, hanno dato esecuzione a misure cautelari personali nei confronti di 7 persone gravemente indiziate del reato di associazione per delinquere, per essersi stabilmente associate allo scopo di commerciare illegalmente sul territorio nazionale di avifauna protetta e particolarmente protetta dalla Convenzione di Berna, proveniente da illecita cattura. Due sono finiti ai domiciliari: Pasquale Maddaluno, 59 anni, e Giovanni Elefante, 52. Altri cinque sottoposti a obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria: Gennaro Cuozzo, 70 anni; Dario Errera, 34; Corrado Esposito, 62; Damiano Simeone, 38; Antonio Musella, 52.
La complessiva attività d’indagine ha consentito di disvelare un ampio commercio illegale di un numero cospicuo di uccelli appartenenti a specie protette, che venivano sistematicamente catturati da alcuni degli indagati in svariate parti dell’Italia meridionale, utilizzando metodologie illegali (trappole, richiami acustici, etc), nonché successivamente custoditi presso depositi improvvisati, in condizioni di tale disagio da causare loro evidenti sofferenze, e infine venduti nel mercato clandestino sia a privati che ad stabile nucleo di esercenti commerciali compiacenti, alcuni dei quali provenienti dall’Italia del nord. L’esecuzione dei provvedimenti cautelari costituisce l’epilogo di un’articolata attività di indagine, iniziata nel 2018, che ha permesso di individuare i soggetti coinvolti, di delineare l’entità del fenomeno nonché di svelare l’esistenza di una ramificata compagine criminale. Gli associati, attraverso prelievi vietati e indiscriminati di migliaia di esemplari di volatili protetti e particolarmente protetti, alimentavano il mercato illegale sul territorio nazionale, di avifauna viva per finalità di richiamo e/o ornamentale, con relativo depauperamento della avifauna e conseguente danno ambientale rilevante in termini di perdita di biodiversità e alterazioni delle relazioni esistenti tra le specie viventi e i loro habitat, causate dall’attività antropica illecita, con un pericolo per l’equilibrio dell’ecosistema e conseguente danno al patrimonio ambientale incalcolabile.
Alla luce dei riscontri conseguiti, il fenomeno appare ben radicato nel territorio campano. Il commercio dei fringillidi è un mercato molto florido in quanto gli esemplari migliori, ovvero i più canterini, hanno un elevato valore di mercato. Il “modus operandi” adottato dai soggetti coinvolti nella indagine in oggetto ha evidenziato molte similitudini con quello messo in pratica in altre regioni italiane, vale a dire l’utilizzo in contemporanea di richiami naturali (con soggetti vivi di cattura) e artificiali (magnetici o elettronici) riproducenti il classico canto dei fringillidi (metodi vietati dagli articoli 21 e 30 della Legge 157/97), che posizionati a terra in prossimità di reti da uccellagione o reti in nylon, a volte con azionamento a scatto (vietate dagli articoli 21 e 30 della Legge 157/97) hanno lo scopo di attirare esemplari della specie.
Solitamente, nel punto di insorgenza della fonte sonora è facile trovare anche della pastura per attirare ed abituare l’avifauna al luogo in cui poi verranno posizionate le reti; zone di pastura che variano dal fondo agricolo alle aree marginali dei boschi a secondo della specie da bracconare. Dalle attività tecniche svolte è emerso chiaramente, da parte degli indagati, una conoscenza profonda dei luoghi ove mettere in atto la loro pratica illecita e come tutti i sodali abbiano frequentato costantemente quei posti in modo tale da predare, la fauna selvatica aviaria e le specie protette ricercate sul mercato clandestino. Gli autori di queste azioni di cattura illegale della avifauna erano disposti, grazie ad attrezzature, tempo e mezzi a disposizione, a raggiungere località molto distanti dalle loro residenze in un raggio di centinaia di chilometri: sono state monitorate parate in Calabria, in provincia di Cosenza, ma anche in provincia di Salerno ed in Puglia, soprattutto in provincia di Foggia, e non ultima la provincia di Potenza. Gli elementi raccolti hanno dimostrato l’esistenza di una rete di rifornimento dell’uccellagione verso il territorio campano e il Nord Italia, la previsione dei mezzi e dei veicoli necessari per il trasporto, l’individuazione di un luogo/deposito dove le prede venivano stoccate in attesa dei transiti, l’esistenza di una rete di rifornimento interna in caso di necessità, la creazione di vigilanza e di macchine vedetta per i trasporti rilevanti e la possibilità che gli animali selvatici venissero inanellati con la connivenza di professionisti (allevatori e veterinari) per la creazione della documentazione a corredo delle successive vendite.
Dagli atti di indagine, in particolare dalle perquisizione e sequestri e dai servizi di osservazione ed intercettazione, sono emerse chiaramente i caratteri di un accordo criminoso per commettere una serie indeterminata di condotte penalmente rilevanti. In particolare, si denota una particolare cura e accortezza da parte dell’organizzazione durante gli spostamenti sia dei carichi di uccelli sia durante l’avvicinamento dei sodali ai depositi o luoghi di scambio attraverso l’utilizzo di auto staffetta e cortili riparati alla vista e facilmente tenuti sotto controllo. Le intercettazioni hanno dimostrato, tra l’altro, l’importanza della creazione di una rete articolata di fornitori e compratori e il costituirsi di una pluralità di gruppi, capaci di operare sia tra loro che con altri compratori, a volte carpendoli dalle altre organizzazioni. I vantaggi di natura economica derivanti dall’attività criminosa posta in essere erano immediati e diretti, favorendo e consolidando l’illecito arricchimento. Infatti dalle comunicazioni intercettate e dai sequestri effettuati è stato possibile stimare il numero di avifauna depredata intorno alle 2.750 unità per il periodo oggetto di indagine, che proiettato su base annuale arriva a quantificarsi in 11mila esemplari ogni anno, con un giro di affari del traffico di avifauna selvatica quantificabile in circa 350mila euro all’anno.