Il pm di Milano Paolo Storari ha chiuso le indagini per caporalato sui rider per le consegne di cibo a domicilio e reati fiscali. L’inchiesta aveva già portato a disporre il commissariamento di Uber Italy. Tra i 10 indagati c’è Gloria Bresciani, manager del gruppo, che, in una telefonata intercettata, ammoniva così un dipendente: “Davanti a un esterno non dire mai più ‘abbiamo creato un sistema per disperati’. I panni sporchi si lavano in casa”.
I rider, si legge nell’avviso di chiusura indagini, erano “pagati a cottimo 3 euro a consegna, derubati delle mance e puniti. Venivano inoltre sottoposti a condizioni di lavoro degradanti, con un regime di sopraffazione retributivo e trattamentale, come riconosciuto dagli stessi dipendenti”. E’ stata invece stralciata la posizione di Uber Italy, indagata per la legge sulla responsabilità amministrativa. Bresciani è accusata di caporalato in concorso con Giuseppe e Leonardo Moltini e Danilo Donnini, responsabili delle società di intermediazione Frc e Flash Road City (la Frc è indagata per la legge sulla responsabilità amministrativa).
I quattro, scrive il pm, “in concorso tra loro e con altre persone non identificate utilizzavano, impiegavano e reclutavano rider incaricati di trasportare a domicilio prodotti alimentari, assumendoli presso le imprese Flash Road City e Frc srl, per poi destinarli al lavoro presso il gruppo Uber in condizioni di sfruttamento”. Avrebbero approfittato “dello stato di bisogno dei lavoratori, migranti richiedenti asilo, dimoranti presso centri di accoglienza straordinaria e provenienti da zone conflittuali (Mali, Nigeria, Costa d’Avorio, Gambia, Guinea, Pakistan, Bangladesh) e pertanto in condizione di estrema vulnerabilità e isolamento sociale”. In particolare, i lavoratori venivano “pagati a cottimo 3 euro a consegna , indipendentemente dalla distanza da percorrere (ritiro presso il ristoratore e consegna finale al cliente), dal tempo atmosferico, dalla fascia oraria (diurna/ notturna e giorni festivi) e pertanto in modo sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato”.
Venivano anche “derubati” delle mance “che i clienti lasciavano spontaneamente ai rider quale attestazione della bontà del servizio svolto”. E ancora “puniti” attraverso “una arbitraria decurtazione (cosiddetto malus) del compenso pattuito, qualora i rider non si fossero attenuti alle disposizioni impartite”. Nell’atto, la Procura ha riportato anche un “prospetto” per mostrare la paga settimanale rapportata alle ore lavorate per alcuni rider. Uno di loro, ad esempio, per una settimana di lavoro a maggio per un totale di “68 ore” di consegne aveva incassato soltanto “179,50” euro e aveva subito un “malus”, ossia una decurtazione di 24,5 euro. Il reato di caporalato è contestato fino al “novembre 2019”. Ad alcuni indagati, tra l’altro, vengono contestate dal pm, nell’inchiesta del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza, una serie di violazioni fiscali per condotte di evasione attraverso, in particolare, false fatture.
A un indagato viene contestata anche un’ipotesi di favoreggiamento perché assieme a Giuseppe Moltini avrebbe depositato circa 305mila euro, “profitto” di caporalato e frode fiscale, “all’interno di una cassetta di sicurezza” di una banca. E poi avrebbero svuotato “il contenuto della cassetta di sicurezza” e messo “il denaro nel baule” di un’auto. Per il 22 ottobre è fissata un’udienza, davanti al collegio presieduto da Fabio Roia, per la discussione sulla misura di prevenzione del commissariamento per Uber Italy (con tanto di amministratore giudiziario nominato) disposta dai giudici a fine maggio.