Gli agenti della Squadra Mobile di Caserta, coadiuvati dai colleghi di Agrigento, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nei confronti del pluripregiudicato Martins Ozua, trentenne nigeriano, irregolare sul territorio nazionale e senza fissa dimora, ritenuto responsabile di due violenze sessuali, una tentata e l’altra consumata, con connesse rapine aggravate, reati commessi ai danni di persone vulnerabili, a Castel Volturno e Mondragone, nella terza decade di novembre 2019.
Il provvedimento è stato adottato al termine di un’articolata indagine, diretta dalla Procura della Repubblica e delegata al personale di polizia giudiziaria della sezione specializzata “Reati contro la persona” della Mobile di Caserta, coadiuvata dal Servizio Polizia Scientifica. La prima delle violenze risale al 22 novembre 2019, quando, nella propria abitazione di Mondragone, una donna ultra70enne veniva aggredita mentre dormiva nella propria camera da letto. L’aggressore, descritto come straniero di colore armato di un grosso coltello, le intimava di restare in silenzio; poi, dopo averne abusato sessualmente, la rapinava di denaro contante e del telefono cellulare.
Altro episodio analogo si verificava una settimana dopo, quando un’altra donna restava vittima di un’aggressione, a scopo di rapina, presso la propria abitazione di Castel Volturno. In questo caso l’indagato accedeva nell’immobile rompendo la finestra del bagno al primo piano e aggrediva la vittima, minacciandola con un coltello, per farsi consegnare denaro contante. Durante la colluttazione, la donna riusciva a scappare ma l’uomo, nonostante fosse rimasto ferito, la inseguiva e raggiungeva, tentando anche di abusarne sessualmente. Le urla dalla donna dissuadevano l’aggressore che prima di dileguarsi, riusciva a prelevare dall’abitazione denaro, documenti e il telefono cellulare della vittima.
Alla luce dei primi sviluppi investigativi e di molte analogie rilevate tra i due fatti, accaduti ad appena una settimana di distanza e a pochi chilometri l’uno dall’altro, si riteneva che gli episodi potessero essere riconducibili al medesimo autore. Pertanto, data l’urgenza determinata dalla gravità dei fatti e la conseguente possibilità che sul litorale domitio operasse un rapinatore e violentatore “seriale”, i numerosi reperti, anche biologici, recuperati in entrambe le scene del crimine venivano trasmessi alla Scientifica della Polizia di Stato di Roma al fine di estrarre il Dna dell’autore dei fatti.
Parallelamente, venivano avviate numerose attività tecniche di intercettazione ed investigazioni sul campo, accertamenti che permettevano di individuare un potenziale “sospetto” ed una sua precedente dimora, a Castel Volturno. In quella abitazione venivano individuati e repertati diversi oggetti, potenzialmente riconducibili all’autore dei fatti, tra cui, in particolare, due mozziconi di sigarette e una boccetta di profumo. I successivi accertamenti tecnici consentivano di confermare che entrambe le aggressioni in casa erano riconducibili allo stesso responsabile – vista la coincidenza dei profili biologici rinvenuti sulle scene del crimine – e, allo stesso modo, che detto profilo genetico corrispondeva a quello isolato sui due mozziconi di sigarette trovati nella dimora già occupata dall’indagato. Parallelo sviluppo degli accertamenti effettuati sulla boccetta di profumo permetteva di isolare anche l’impronta digitale di un soggetto nigeriano, poi identificato in Ozua.
L’incrocio dei profili biologici, immediatamente processati nella banca dati del Dna, forniva riscontro positivo: il Dna di Ozua, infatti, corrispondeva al profilo genetico del soggetto, responsabile delle rapine e delle violenze sessuali. Considerata l’aggressività e la spiccata pericolosità sociale dell’uomo, già tratto in arresto per una serie di efferate rapine culminate con lesioni gravi ai danni delle vittime (in relazione a questi delitti Ozua veniva ristretto in due carceri siciliane, a Palermo e Caltanissetta, dalle quali aveva persino tentato di evadere per ben due volte), il 13 ottobre scorso è stato emesso il provvedimento cautelare, eseguito oggi nel carcere di Agrigento, dove il nigeriano risultava già detenuto per altra causa.