Il Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Bari, in collaborazione con personale specializzato della Sezione Aerea del Roan e del Gruppo Pronto Impiego, ha eseguito 13 arresti, di cui 5 in carcere e 8 agli arresti domiciliari, ed effettuato perquisizioni personali e domiciliari a carico degli stessi indagati accusati di usura di tipo “domestico” per centinaia di migliaia di euro. Condotte poste in essere, nel periodo 2011-2020, prevalentemente da donne appartenenti a quattro nuclei familiari nei confronti di loro vicini di casa, residenti nei quartieri popolari Japigia, San Pasquale e San Paolo di Bari.
In particolare, le attività investigative sono state avviate a seguito delle dichiarazioni rese da un’anziana donna di Bari, in gravi difficoltà economiche, la quale – presentatasi nel maggio 2019 al Nucleo di polizia economico-finanziario della Guardia di Finanza di Bari – aveva denunciato di essere stata e di essere, tuttora, vittima di usura da parte di diversi “aguzzini”. Le indagini poi sono state sviluppate dai finanzieri del Gico Bari mediante attività di intercettazione telefonica, pedinamenti, video-riprese, indagini finanziarie ed escussione in atti delle numerosissime vittime dell’usura, la maggior parte delle quali – dimostrando grande coraggio – ha fornito una preziosa collaborazione agli inquirenti per la ricostruzione dell’illecita attività creditizia e l’individuazione dei responsabili.
Il “modus operandi” dell’attività usuraria prevedeva la restituzione della somma prestata in un arco temporale ricompreso – nella maggior parte dei casi tra una settimana ed un massimo di 6 mesi – con l’applicazione di tassi di interesse annui fino a oltre il 5.000%. Spesso gli usurai costringevano le loro vittime a pagare gli interessi anche ricorrendo a violenze e minacce, quali – a titolo esemplificativo – le seguenti: “Se non paghi vengo e ti sbrano”; “Se non paghi ti brucio l’auto”; “Ti mando mio figlio con la pistola”, “…ti faccio saltare in aria…”. Inoltre, per i prestiti ottenuti vigeva la regola del “salto rata”, ovvero la vittima – laddove non fosse stata in grado di pagare, alla scadenza, la rata pattuita – era costretta a versare una “penale”, denominata “solo interesse”, ammontante al 50% della rata mensile prevista, con la conseguenza che il debito residuo rimaneva inalterato e che i tempi di estinzione del prestito si allungavano.
Le indagini hanno, inoltre, consentito di accertare che le singole rate dei prestiti usurari erano corrisposte in contanti o attraverso la ricarica di carte “postepay” prepagate intestate agli stessi usurai, nonché a persone loro vicine. Oltre a famiglie con gravi difficoltà economiche, sono caduti nella “morsa” dell’usura impiegati, commessi ed operai, alcuni dei quali anche accaniti giocatori di “bingo”, “lotto”, “slot machine” e “gratta e vinci”, tanto che, in una circostanza, una vittima “ludopatica” si è ritrovata in difficoltà tali da dissipare intere fortune, arrivando persino a vendere l’abitazione nella quale viveva. E’ stato anche possibile accertare che una delle aguzzine – nonostante le misure restrittive imposte dall’ultimo “lockdown” – non aveva esitato, pur di vedersi regolarmente pagata la rata mensile, a recarsi presso l’abitazione della sua debitrice e farvi ingresso, con la forza, priva dei dispositivi di protezione, nonostante nella casa vi fosse un’anziana allettata, con gravi problemi di salute. Infine, è emerso che 6 dei 13 arrestati sono risultati percettori del “Reddito di Cittadinanza”, avendo dichiarato nelle pertinenti istanze di non essere titolari di alcun tipo di reddito. IN ALTO IL VIDEO