I carabinieri del Nucleo Antifalsificazione Monetaria di Roma e i finanzieri della Tenenza di Piedimonte Matese hanno dato esecuzione, stamani, a delle misure cautelari, emesse dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nei confronti di 9 indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, in concorso, di spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione e truffa aggravata. Le complesse attività d’indagine svoltesi con attività tecniche e servizi di osservazione, controllo e pedinamento in sinergia dai due reparti operanti, hanno consentito di accertare l’esistenza di una piazza di spaccio nella zona dell’Alto Casertano, avente ad oggetto diverse tipologie di sostanze stupefacenti (crack, eroina e cocaina). – continua sotto –
In particolare, i componenti del nucleo familiare facente capo a Valerio Cappello (il figlio Giovanni e la moglie Silvería Luciani) e i fratelli Salvatore e Giuseppe Caravella, si adoperavano spacciando in favore di giovani del luogo e dei Comuni limitrofi, le sostanze stupefacenti in argomento. In più occasioni sono stati operati dei controlli e sequestri di sostanze stupefacenti, nei confronti di soggetti che per loro conto erano andati ad acquistare la droga in comuni del napoletano (“Parco Verde” di Caivano). Il linguaggio criptico utilizzato dai soggetti, gli incontri organizzati sempre in località diverse, compreso le abitazioni provviste di sistemi di videosorveglianza privati, erano tutti espedienti per eludere le indagini e i controlli a loro carico da parte degli inquirenti. L’aspetto più inquietante è rappresentato dalla spregiudicatezza con cui i coniugi Cappello – pur di eludere i controlli delle forze dell’ordine – non avevano alcuna remora a ricorrere al figlio minore per effettuare le consegne della droga ai loro acquirenti. – continua sotto –
L’attività di indagine ha svelato l’elevata capacità delinquenziale della famiglia Cappello che aveva diversificato i campi dell’illecito su cui operare. Pur di far assumere il figlio come autista in una ditta di trasporti, i Cappello erano arrivati al punto di minacciare un privato (che aveva il compito di intermediario), prospettandogli di raccontare alla di lui moglie vicende non veritiere e gravemente diffamatorie. Organizzavano, inoltre, truffe aggravate nei confronti di ignari cittadini. Nello specifico, dopo aver contattato i venditori su siti on-line effettuavano con loro una breve contrattazione sul prezzo di compravendita, procedendo a versare una piccola caparra per la ricezione del bene. Al momento del saldo consegnavano assegni privi di copertura o rubati.