Roghi di imballaggi per ortofrutta nel Casertano, arrestato il “capo” dell’organizzazione

di Redazione

Santa Maria Capua Vetere (Caserta) – Nella mattinata del 22 dicembre i carabinieri forestali di Caserta e della stazione di Marcianise hanno dato esecuzione a due misure cautelari nei confronti di due uomini, P.G., 55 anni, di Santa Maria Capua Vetere, finito agli arresti domiciliari, e C.A., 23enne albanese, residente alla frazione Sant’Andrea dei Lagni, sottoposto ad obbligo di dimora. Entrambi sono gravemente indiziati di avere, in concorso tra loro ed in esecuzione di uno stesso disegno criminoso, dato luogo a diversi incendi di rifiuti speciali e non, costituiti da imballaggi per ortofrutta in plastica, in legno e in cartone. Incendi suscettibili di assumere vaste proporzioni, così cagionando pericolo per la pubblica incolumità e danno ingiusto per la salubrità dell’ambiente. – continua sotto – 

Contestualmente sono stati notificati avvisi di conclusione delle indagini ad altri quattro complici, F.B.C., 52enne polacca, coniuge di P.G.; K.J.K., 49enne polacco, e ai coniugi A.A.F., 54 anni, e T.G., di 62, residenti a Grazzanise. Tali provvedimenti, emessi dalla Procura sammaritana diretta dalla procuratrice Anna Maria Troncone, si inseriscono nell’ambito di più ampia ed articolata indagine relativa alla problematica di emergenza ambientale della cosiddetta “Terra dei Fuochi”, iniziata nell’anno 2018, quando nel mese di dicembre era già stata posta in sequestro un’area di 2000 metri quadrati in una zona adiacente al mercato ortofrutticolo di San Tammaro, dal 55enne P.G. utilizzata per attività illegale di raccolta, trattamento e commercializzazione di rifiuti, costituiti da imballaggi per prodotti ortofrutticoli, nonché al sequestro penale di due autocarri utilizzati per l’illecito trasporto dei rifiuti. – continua sotto – 

In quella circostanza venne tratto in arresto K.J.M., 21 anni, immigrato originario del Gambia, un dipendente di fatto di P.G., sorpreso in flagranza di reato mentre si accingeva, all’interno dell’area, ad appiccare il fuoco ad un cumulo di rifiuti depositati sul suolo, costituiti dalle cassette in disuso non commercializzabili. A partire da quella data l’allora indagato P.G., nominato custode giudiziario in costanza di sequestro, poneva in essere numerose violazioni ai doveri di custodia, sottraendo gli imballaggi presenti nel deposito allo scopo di commercializzarli e violando materialmente i sigilli di Stato apposti all’ingresso dell’area posta in sequestro, onde favorire l’ingresso ad essa, servendosi, più volte, anche degli autocarri per i quali vigeva il vincolo reale, continuando a svolgere l’attività illecita anche su suolo pubblico, ovvero nel piazzale prospiciente il mercato ortofrutticolo di San Tammaro. Successivamente, nel mese di luglio 2019, i carabinieri, a seguito di un servizio mirato di appostamento e di pedinamento, traevano in arresto altri tre soggetti, tra cui lo stesso P.G., ritenuti responsabili, a vario titolo e con distinte modalità comportamentali, del delitto di combustione illecita di rifiuti e di trasporto dei medesimi in funzione del loro successivo incendio, scoprendo, cosi, ulteriore sito di conferimento degli imballaggi a Grazzanise. – continua sotto – 

L’attività investigativa ha consentito, dunque, di ricostruire, alla luce dei singoli episodi criminali, l’esistenza di una vera e propria organizzazione delinquenziale costituita da un “capo”, P.G., promotore ed organizzatori delle molteplici condotte delittuose, e cinque sodali: F.B.C., coniuge del capo, compartecipe alle strategie operative del sodalizio nemiche proprietaria del terreno ove avvenivano le combustioni dei rifiuti; C.A., anch’egli organizzatore dell’associazione, figura di raccordo del 55enne arrestato nella direzione di operai dell’impresa di fatto, illegalmente costituita; K.J.K., cognato di P.G., partecipe all’associazione quale operante; i coniugi A.A.F. e T.G. che, al fine di ottenere benefici economici, mettevano a disposizione dell’associazione rispettivamente la propria opera materiale e il terreno situato a Grazzanise, in via La Quercia, per il deposito dei rifiuti da rivendere e per l’incendio di quelli non commercializzabili, in tal modo agevolando l’operato del sodalizio, rafforzandolo e condividendone i fini. – continua sotto – 

I sei si erano stabilmente associati tra di loro per il traffico illecito di rifiuti speciali costituiti da imballaggi in plastica, legno e cartone destinati ai prodotti ortofrutticoli e provenienti dal Mercato ortofrutticolo di San Tammaro. Avvalendosi di un deposito completamente abusivo e di un sistema organizzato di automezzi, il gruppo criminale aveva dunque intrapreso un’attività non autorizzata di raccolta, trasporto e commercializzazione di yali imballaggi, nonché di distruzione di quelli non rivendibili mediante la loro illecita combustione. Gli incendi, consumati inizialmente nel sito posto alle spalle del mercato ortofrutticolo di San Tammaro, a seguito del sequestro operato dai militari, proseguivano in altra ama, allocata nel comune di Grazzanise, ove era stato individuato un ulteriore luogo per lo smaltimento illecito dei rifiuti mediante illecito incendio. – continua sotto – 

L’indagine ha, in definitiva, consentito di disvelare una complessa realtà criminale in cui i predetti associati operavano in assoluto dispregio delle norme relative allo smaltimento dei rifiuti. Ciò che appare più grave e che l’attività del sodalizio non si sostanzia nel pur illecito riciclo degli imballaggi, ma soprattutto nel criminale smaltimento di quelli in disuso che, invece di essere conferiti presso sin abilitati, venivano “malamente” sparse ai margini delle strade cd addirittura incendiate, con grave pericolo per la pubblica incolumità. Desta poi assoluto allarme il fatto che gli indagati non abbiano mostrato remota alcuna pur a seguito dei numerosi controlli cui sono stati sottoposti ed anzi abbiano continuato a svolgere l’attività illecita utilizzando anche il deposito ed i veicoli posti in sequestro. La pervicacia degli indagati nella prosecuzione dell’attività illecita si evidenziava non solo in ragione delle numerose violazioni di sigilli contesine dai militari, ma anche alla luce delle conversazioni calmiate durante le indagini dalle quali è emerso che P.G. e C.A. si erano sempre preoccupati di proseguire nell’attività illecita anche nel periodo in cui il “capo” del sodalizio, P.G., si trovava sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari. – continua sotto – 

Alla luce di questi elementi, il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto di tutta evidenza, che ci si trova innanzi a soggetti che svolgono in maniera stabile l’attività illecita in argomento, essendo adusi a procacciarsi denaro mediante la commissione di reati della stessa specie di quelli disvelati, onde appare presumibilmente certo che, se agli stessi non venga inibita la libertà di movimento, perseverino nelle condotte delittuose: di qui, l’applicazione delle misure restrittive degli arresti domiciliari per P.G. e dell’obbligo di dimora per C.A., quale unico rimedio per interrompere definitivamente lo svolgimento delle plurime condotte illecite. IN ALTO UNA GALLERIA FOTOGRAFICA

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