Stretta finale per il Governo. Anche il Partito Democratico preme in queste ore per convincere il premier Giuseppe Conte che l’unica via per salvare il governo è cercare una maggioranza stabile, cominciando dalle sue dimissioni-lampo, un passaggio ritenuto necessario per far uscire allo scoperto, con chiarezza, i cosiddetti “volenterosi”. – continua sotto –
Pd: “Mai chiesto a Conte di andare al Quirinale” – I Dem fanno quadrato con i Cinquestelle e hanno assicurato a Conte che il suo ruolo “è imprescindibile” e che il Pd è comunque al suo fianco. Ma l’hanno messo in guardia sui rischi di andare in Aula, mercoledì, per la relazione del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, e sul fatto che il governo ne uscirebbe sconfitto visto che ad ora i numeri non ci sono. Tuttavia, nel pomeriggio si apprende che “il Pd non ha chiesto e non sta chiedendo a Conte di andare al Quirinale”. La strada, riferiscono fonti dem, “è quella indicata dal segretario Zingaretti e dal vicesegretario Orlando in queste ore e passa per un Governo autorevole, europeista e in grado di affrontare i problemi facendo un appello alla responsabilità a tutti. – continua sotto –
Crisi pilotata o nuova sfida al Senato? – Conte, quindi, è al bivio: rimettere il mandato nelle mani di Mattarella e accettare una crisi pilotata sperando in un reincarico per il Conte-ter o una nuova faticosa sfida al Senato, dagli esiti molto incerti senza un allargamento della maggioranza all’area centrista, unica alternativa a possibile per poter fare a meno dei 18 voti mancanti di Italia Viva e quindi per poter fare a meno di Matteo Renzi. – continua sotto –
Comincini (IV): “Su Bonafede ancora detto se voteremo contro” – Proprio da Italia Viva arriva qualche segnale distensivo: “Su Bonafede nessuno ha ancora detto che voteremo contro, dobbiamo leggere il testo della relazione sulla giustizia”, ha detto a ‘Un giorno da pecora’ il senatore Eugenio Comincini. “Io ho lavorato – ha aggiunto – per mettere a germoglio qualcosa per ricucire. Si ricuce in tanti modi in politica, il parlarsi, analizzare la situazione. Ma oggi il clima, la tensione, direi soprattutto la temperatura mi sembra un po’ più bassa rispetto alla settimana scorsa. Mi sembra ci siano segnali”. Sulle responsabilità della crisi politica, il senatore ha chiarito: “Mi sembra che da parte di Renzi ci siano stati segnali inequivocabili, adesso tocca a Conte dare segnali”, aggiungendo: “La situazione è come quando su un palco ci sono 2-3 protagonisti principali ma ci sono tanti parlamentari, magari neanche comprimari ma comparse, che però possono avere un ruolo, quindi il dialogo aiuta a spostare il copione”.
Berlusconi: “Nessuna trattativa, o nuovo governo di unità o voto” – Intanto, scende in campo anche Silvio Berlusconi: “Nessuna trattativa è in corso, – ribadisce il leader di Forza Italia – né ovviamente da parte mia, né di alcuno dei miei collaboratori, né di deputati o senatori di Forza Italia, per un eventuale sostegno di qualunque tipo al governo in carica”. “La strada maestra è una sola: rimettere alla saggezza politica e all’autorevolezza istituzionale del Capo dello Stato – dice il Cavaliere – di indicare la soluzione della crisi, attraverso un nuovo governo che rappresenti l’unità sostanziale del Paese in un momento di emergenza oppure restituire la parola agli italiani”. “Mi auguro che il Presidente del Consiglio sia consapevole dell’ineludibilità di questa strada”. – continua sotto –
Salvini: “Conte avrebbe già dovuto dimettersi” – Per Matteo Salvini le dimissioni sono una strada che Conte avrebbe già dovuto intraprendere: “Si parla di dimissioni di Conte? Avrebbe già dovuto darle. – dice il leader della Lega – C’è un piano vaccinale fermo, le scuole sono aperte in una città sì e una no, ci sono due milioni di posti di lavoro a rischio, e noi stiamo in ballo sugli umori di Conte, Di Maio, Zingaretti, e sulle trattative di Tabacci e Mastella”. “È irrispettoso, disgustoso, volgare, deprimente”, sottolinea Salvini lasciando il tribunale di Torino dove oggi ha preso parte all’udienza del processo in cui è chiamato in causa per vilipendio dell’ordine giudiziario.