Capua, infiltrazioni della camorra in appalti pubblici: 4 arresti e sequestri per 15 milioni

di Redazione

Operazione “Money for Nothing”, coordinata dalla Procura Antimafia di Napoli, che stamani ha visto i militari dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza dei comandi provinciali di Caserta e i finanzieri del Nucleo Speciale Polizia Valutaria di Roma eseguire 4 ordinanze di custodia cautelare in carcere, nonché 2 misure cautelari personali di natura interdittiva, nei confronti di altrettanti soggetti indagati, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso e concorso in associazione mafiosa, turbativa d’asta, corruzione, abuso d’ufficio e riciclaggio dei capitali illeciti, nonché un decreto di sequestro preventivo di aziende e quote societarie per circa 15 milioni di euro. – continua sotto – 

Le investigazioni dei carabinieri hanno riguardato Domenico Pagano, titolare della società “Immobiliare Generale” (oggetto di sequestro), ritenuto gravemente indiziato di essere inserito nel clan dei casalesi avendo allacciato, fin dagli anni ‘90, rapporti collusivi in particolare con Michele Zagaria e Giacomo Capoluongo, divenendo poi imprenditore di riferimento per la fazione Schiavone alla quale procurava stabili finanziamenti come quota sui lavori ottenuti grazie all’intervento del clan. A Pagano viene anche sequestrato il cosiddetto “Palazzo delle Cento Persone” di Capua dove sarebbe dovuta sorgere una Rsa. L’immobile, in passato pignorato a Angela Iovene, moglie di Rodolfo Statuto (deceduto e già condannato con la cosiddetta sentenza Spartacus), era stato acquistato, mediante una procedura esecutiva, per l’importo di 1 milione e 455.129,50 euro dalla sopraindicata società immobiliare: nella compravendita in questione la fazione Schiavone reinvestiva la somma di 500mila euro. Altro destinatario della misura è Domenico Farina, ritenuto gravemente indiziato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso, amministratore unico della “Prisma Costruzioni srl”, società riconducibile al collaboratore di giustizia Francesco Zagaria, aggiudicataria di vari appalti pubblici con la connivenza di vari amministratori locali. – continua sotto – 

Le indagini della Guardia di Finanza hanno, invece, interessato il gruppo imprenditoriale casertano riconducibile ai cugini Verazzo (Giuseppe Verazzo, 65 anni, e Francesco Verazzo, 61), ritenuti gravemente indiziati per concorso esterno in associazione di tipo mafioso, operanti nel settore delle costruzioni edili che, avvalendosi della forza di intimidazione del “clan dei casalesi” e grazie alla compiacenza di amministratori locali, si sono aggiudicati appalti pubblici nel territorio casertano, assumendo peraltro il ruolo di portavoce di Nicola Schiavone nella zona di Capua e assicurando il sostegno elettorale alle compagini politiche locali legate ad esponenti del clan. – continua sotto – 

In tale ambito, lo sforzo investigativo dei finanzieri si è concentrato sulla ricostruzione economico-patrimoniale delle illecite ricchezze accumulate negli ultimi 20 anni dagli indagati, anche attraverso i propri nuclei familiari e società a loro riconducibili, consentendo l’adozione di provvedimenti cautelari finalizzati alle ipotesi di confisca previste dalla legislazione antimafia. Nei confronti dei cugini Verazzo e di Pagano, a conclusione di una minuziosa ricostruzione dei numerosi beni detenuti, posta in essere anche mediante la valorizzazione di segnalazioni di operazioni sospette generate dal sistema di prevenzione antiriciclaggio, vengono complessivamente sottoposti a sequestro preventivo circa due complessi aziendali e quote societarie per un valore di circa 15 milioni di euro. – continua sotto – 

Con la stessa ordinanza è stata, infine, applicata la misura cautelare interdittiva per la durata di un anno e della presentazione alla polizia giudiziaria all’ingegner Francesco Greco, responsabile protempore dell’ufficio tecnico del Comune di Capua, ritenuto gravemente indiziato per turbata libertà degli incanti e corruzione, e ad Andrea D’Alessandro, impiegato presso un istituto bancario, all’epoca in servizio presso una filiale bancaria di Santa Maria Capua Vetere, ritenuto gravemente indiziato anche per riciclaggio in quanto quest’ultimo con il suo operato consentiva trasferimenti di denaro contante su conti bancari riconducibili al sodalizio camorristico.

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